di Stefano Sansonetti
Per ora a tirare un bel sospiro di sollievo sono stati i soliti consulenti. Solo loro sono passati all’incasso, mentre migliaia di risparmiatori delle quattro banche “salvate”, le ormai famose Popolare dell’Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti, ancora aspettano i decreti del Governo relativi ai risarcimenti. Al centro della scena c’è la Banca d’Italia, nel ruolo di direttore d’orchestra delle procedure di “risoluzione” delle banche. In linguaggio anglosassone è il bail in. Ebbene, nel momento in cui risparmiatori e obbligazionisti non hanno ancora visto il becco di un quattrino, palazzo Koch stacca lauti assegni per revisori e consulenti internazionali.
IL QUADRO. Si prenda la partita delicatissima delle valutazioni contabili dei quattro istituti. Attività fondamentale per capire le condizioni patrimoniali delle banche e di conseguenza mettere a fuoco quante risorse possono essere salvate. Per questa attività l’istituto centrale, guidato da Ignazio Visco, ha organizzato una procedura divisa in quattro lotti, uno per ciascuna banca. Il risultato è che il contratto per la valutazione di Banca Marche è stato assegnato alla Bdo Italia per 298.350 euro, quello per la valutazione della Popolare dell’Etruria alla Deloitte & Touche per 260 mila euro, quello per l’analisi di Carife ancora alla Bdo Italia per 166.725 euro e quello per lo screening della CariChieti alla Kpmg per 208.600 euro. Questi revisori, in particolare, sono stati chiamati in causa per effettuare una valutazione provvisoria, e d’urgenza, sulle quattro banche. Dovranno determinare il trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se, nel momento in cui è stata avviata l’azione di risoluzione, la banca fosse stata sottoposta a liquidazione coatta amministrativa secondo quanto stabilito dal Testo unico bancario. E naturalmente dovranno calcolare la differenza rispetto al trattamento ricevuto dagli stessi azionisti e creditori per effetto delle azioni di risoluzione. Insomma, una stima importante, proprio perché finalizzata a verificare se con il bail in c’è stata una penalizzazione economica dei risparmiatori rispetto alle condizioni di un’altra procedura. Tra l’altro il lavoro, proprio perché d’urgenza, non finisce qui. Il decreto legislativo sulla risoluzione delle banche, infatti, prevede che debba seguire una valutazione definitiva della situazione patrimoniale degli istituti. Le spese di Bankitalia per i consulenti, però, non si esauriscono certo con questi passaggi. In precedenza, infatti, palazzo Koch aveva lanciato procedure per l’individuazione di tre advisor, uno strategico, l’altro finanziario e il terzo legale, per la cessione sul mercato della nuove banche nate sulle ceneri delle quattro disastrate.
I PRECEDENTI. Nelle scorse settimane ne è venuto fuori che il consulente finanziario è stato individuato nella società Oliver Wyman (che è stata anche consulente del Vaticano per le questioni previdenziali), cha ha incassato un contratto da 480 mila euro. La consulenza finanziaria è stata assegnata alla banca francese Société générale per la bellezza di 2,7 milioni (anche se la base d’asta era addirittura a 7 milioni). Infine il servizio di advisory legale è andato allo studio Chiomenti per 95 mila euro. Così, in attesa che il meccanismo dei risarcimenti abbia una copertura normativa, gli ingranaggi dei compensi agli advisor sono già ampiamenti oliati. Del resto, come sempre più spesso accade, i consulenti sono ormai dentro tutti i principali gangli della vita economica del Paese. E devono essere pagati puntualmente. Gli altri, i risparmiatori, possono pure aspettare.
Twitter: @SSansonetti