Alle critiche del giorno prima, sollevate dal Movimento 5 Stelle, si aggiungono ora le polemiche del giorno dopo. “E alla fine è partito il contrordine di Matteo Renzi dal treno”, ironizza il deputato di Forza Italia, Fabrizio Di Stefano. Già, perché quella del segretario del Pd sulla nuova mappa dei collegi appena licenziata dal governo, sarà stata anche una battuta (“È meraviglioso. L’Istat ha attaccato Rignano a Livorno anziché a Firenze. Vi rendete conto?”), ma qualcuno deve averlo preso sul serio. “La Commissione che ha fatto la relazione per il decreto ha svolto un lavoro tecnico, ma ci sono alcune cose da cambiare”, spiega un big del Partito democratico. Prima che il capogruppo a Montecitorio, Ettore Rosato, esca allo scoperto: “Sul decreto sui collegi lavoreremo insieme alle altre forze politiche, specie quelle con cui abbiamo approvato la legge elettorale, con uno sguardo attento a leggere le realtà territoriali e senza altre asperità”. Insomma, i nuovi collegi sono appena nati, ma è già chiaro che non mangeranno il panettone.
Tutto da rifare –L’occasione per ridisegnarli sarà il passaggio parlamentare sul testo del provvedimento. Che da martedì sarà all’esame delle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato, chiamate ad esprimere un parere non vincolante. Ma a quel punto, le modifiche ‘suggerite’ potranno essere (e lo saranno quasi certamente) recepite dall’esecutivo. D’altra parte, lo scontro (raccontato dal Corriere della Sera) andato in scena giovedì poco prima del Consiglio dei ministri, tra la sottosegretaria Maria Elena Boschi, che chiedeva modifiche al decreto, e il ministro dell’Interno, Marco Minniti, che ha invece tenuto il punto, era già un chiaro segnale. E non a caso, il testo del decreto, che recepisce il lavoro svolto dalla commissione di esperti guidata dal presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, con la nuova geografia dei collegi uninominali, è stato trasmesso alla Camera accompagnato da una relazione che, in più passaggi, solleva dubbi sul metodo seguito dalla stessa commissione. Come dire: se il governo non può sconfessare il lavoro degli esperti dei quali si è avvalso, in Parlamento è tutta un’altra partita. Ma cosa prevede il decreto licenziato dall’esecutivo? Il risultato finale è quello riportato nelle tabelle a destra, che Regione per Regione, mostrano il numero dei seggi assegnati con il sistema maggioritario (un terzo), con la quota proporzionale (i due terzi) e i totali.
Punti critici – Ma il nodo irrisolto resta la composizione dei collegi. E’ lo stesso governo ad ammettere nella relazione che restano “alcuni elementi che si prestano a valutazione diversa” rispetto a quella della Commissione. Con particolare riguardo a quelle circoscrizioni nelle quali, gli esperti si sono trovati “nell’impossibilità di fare ricorso ai collegi uninominali del Senato del 1993”. O “per il mutamento demografico”, che ha determinato “un cambiamento del numero dei collegi uninominali” all’interno della circoscrizione. Oppure “per il cambiamento demografico di singoli collegi”, che ha costretto ad intervenire per “effettuarne il riporto in soglia (rispetto al numero di abitanti in essi ricompresi, ndr) intervenendo anche su altri collegi”. E’ il caso, ad esempio, del collegio di Civitavecchia, nel quale, spiega la relazione, “la Commissione ha previsto lo spostamento di un Comune della città metropolitana di Roma Capitale nella provincia di Viterbo”. Lo stesso risultato, però, osserva il governo, “per evitare la lesione dell’integrità di entrambe le unità amministrative”, si sarebbe potuto ottenere spostando “alcuni comuni di Viterbo ricadenti nel collegio di Civitavecchia nel collegio della loro provincia”.
Caso Toscana – Ma non è tutto. Nella relazione si fa anche un altro esempio. Quello della Toscana. “In cui l’aggregazione dei collegi uninominali è stata effettuata accorpando collegi di province diverse, come Prato e Firenze, separando collegi appartenenti alla stessa città metropolitana come Empoli”. Anche in questo caso “in presenza della possibilità di realizzare aggregazioni più rispettose del criterio oggettivo delle unità amministrative”. Sebbene il metodo seguito dalla Commissione, prosegue il governo, sia stato “ispirato dall’opportunità di assicurare la coerenza tra i bacini elettorali per l’elezione della Camera e del Senato”, nella circoscrizione Toscana “tale metodo è stato però derogato portando ad un risultato di non omogeneità dei due bacini elettorali”. Insomma, una serie di criticità. Alle quali, per altro, si aggiungono quelle evidenziate anche da altre forze politiche. “Si comincia a capire meglio con la definizione dei collegi la grande truffa di questa legge elettorale”, tuona Gianni Melilla di Mdp. Spalleggiato dal compagno di partito Stefano Quaranta: “Un mostro, una cosa grottesca e studiata solo a tavolino”. Se il M5S si chiama fuori dalla mischia (“Per i vecchi partiti l’Italia è una mappa da sezionare in collegi per spartirsi l’elettorato”, dice Danilo Toninelli), il capogruppo di Fi, Renato Brunetta avverte: no al “mercato delle vacche” per favorire i partiti di maggioranza. Con Di Stefano che rincara la dose: “Prima fanno una legge elettorale boomerang, poi sbagliano pure i collegi”.