di Marco Castoro
Quando un arbitro viene designato per dirigere Juve-Roma per prima cosa si fa il segno della croce e recita una preghiera. Per ringraziare il Cielo, ma anche per chiedere aiuto ad angeli e santi protettori. Perché ogni decisione che prenderà durante la gara (domani tocca a Rocchi) sarà vivisezionata dalle moviole e diventerà una miccia per incendiare le tifoserie. Pensate che a distanza di 33 anni ancora si discute sul gol fantasma di Turone, annullato il 10 maggio 1981 dall’arbitro Bergamo su indicazione del fido assistente, il guardalinee Sancini, per un fuorigioco inesistente. Una rete che avrebbe permesso alla Roma di lanciarsi verso lo scudetto, poi vinto dalla Juve. Decisione arbitrale che scatenò un putiferio, al punto che perfino i massimi dirigenti delle due società entrarono nella bagarre. Dino Viola parlò di questione di centimetri. Boniperti spedì un righello al presidente giallorosso che glielo rimandò indietro, dicendo che un ingegnere non usa il righello adatto ai geometri (Viola era ingegnere e Boniperti geometra). Il duello tra i due fu piccato ma sempre da galantuomini quali erano. Viola fu famoso per la sua fine dialettica: diplomazia e cortesia mischiata all’ironia. Per dirla in breve “il violese”. Però siccome i cretini stanno sempre in giro, capitò che il presidente romanista fu aggredito e scalciato all’interno dello stadio di Torino.
UNA STORIA PIENA DI GOL
Gol di Turone a parte, tra Roma e Juve ci sono state partite indimenticabili. Una addirittura diventò un film. Quella giocata il 15 marzo 1931 a Campo Testaccio che finì 5-0 per la Roma con una doppietta di Fulvio Bernardini. Ma quella stessa Juve così umiliata dai giallorossi, l’anno precedente era stata la prima squadra a violare Campo Testaccio (3-2). A uscire umiliati dal terreno di gioco è capitato spesso anche ai romanisti. I bianconeri hanno inflitto una delle sconfitte più cocenti della storia della Roma: un 7-1 datato 6 marzo 1932. Per poi concedere il bis, l’8 ottobre 1950, con un 7-2 che spinse la Roma verso l’unica retrocessione in serie B della sua storia.
LA LEGGE DEL 4
Chi non ricorda il gesto con le 4 dita alzate di Francesco Totti dopo il 4-0 alla Juve nel 2004? Un decennio dopo la Juventus a Torino rifilò lo stesso cappotto ai giallorossi allenati da Luis Enrique. La Roma 4 gol li fece anche a Sivori e Charles nel 1958.
LE SFIDE SCUDETTO
Le gare dell’anno scorso (2 successi per la Juve, mentre la Roma vinse il match di Coppa Italia) e quelle di quest’anno non sono le uniche che hanno il sapore di scudetto. Nel 1973 una rete di Cuccureddu all’Olimpico consegnò lo scudetto ai bianconeri, beffando le altre due squadre in lizza fino all’ultimo per il titolo (il Milan battuto nella fatal Verona e la Lazio ko a Napoli). Nel 1983 la Roma vince lo scudetto ma all’Olimpico è la Juve a passare: 2-1 con reti di Falcao, Platini e Brio. Indimenticabile la punizione di re Michel. Nell’86 la Roma di Eriksson, protagonista di una grande rincorsa che la portò a due giornate dal termine ad affiancare la Juve in testa, diede una grande lezione di calcio ai bianconeri: 3-0. Poi ci pensò la rocambolesca partita con il Lecce, già retrocesso, a spegnere i sogni di gloria della squadra del tecnico svedese. Anche la Juve dei record, quella del Trap con i 51 punti (contro i 50 del Torino), pagò pegno all’Olimpico: 3-1. La Roma del 2001, allenata da Capello, si cucì lo scudetto sul petto dopo il 2-2 di Torino, con Nakata e Montella che rimontarono il doppio vantaggio bianconero. Ripetendo lo stesso punteggio di un’altra memorabile sfida, quella del 4 dicembre 1983, quando Pruzzo nel finale segnò il 2-2 con una prodigiosa e spettacolare rovesciata.