Sembra uno scherzo ma non lo è: il Parlamento, a quanto pare, sta lavorando affinché le armi siano vendute senza Iva e accise varie. Una priorità fondamentale. Alla faccia di pandemia, crisi economia e tragedia umanitaria in Ucraina. L’emergenza per il nostro Paese sembra combaciare con quella delle lobby armate.
Il Parlamento sta lavorando affinché le armi siano vendute senza Iva e accise
E così ieri in commissione Finanze a Palazzo Madama è arrivato il via libera al decreto legislativo che, come da direttiva Ue, toglie Iva e accise come incentivo economico per il commercio di armamenti in Europa. La cosa interessante è che si sono completamente rimescolate le carte. Alla faccia di maggioranza, opposizioni, fiducia al governo Draghi o assoluta contrarietà. E così Lega, Fratelli d’Italia e Partito Democratico hanno votato a favore del decreto, mentre c’è stata totale astensione da parte del Movimento 5 Stelle.
A votare contro oltre a Elio Lannutti, anche la senatrice Paola Nugnes, anche lei del misto, protagonista di un battibecco a fine riunione con Dieter Steger del gruppo Misto e Andrea De Bertoldi di Fdi. Ai due senatori non vanno giù le considerazioni della Nugnes che in Aula ha ricordato come l’Italia “spende in armi 18 volte di più della Russia”, cui i due replicano con “vergogna” e “buffonate”. Parole offensive che, ahinoi, non hanno argomentazioni. Come spesso capita in questi casi.
Ma cosa prevede nel dettaglio il testo approvato in Commissione? La norma al centro della polemica, in linea con la direttiva europea (2019/2235), “dispone il regime di non imponibilità ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) e l’esenzione dalle accise in relazione alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi destinate alla realizzazione di un’attività dell’Unione nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc)”.
La direttiva Ue risale al 14 marzo del 2019 e si pone l’obiettivo di “migliorare lo sforzo di difesa svolto ai fini della realizzazione di attività dell’Unione nell’ambito della sicurezza comune” e per questo prevede l’esenzione di Iva e accise per la vendita di armi prodotte in Italia e vendute ad uno Stato terzo dell’Unione europea.
Inevitabile che si arrivasse anche ad uno scontro politico. Il Movimento ha espresso posizione di assoluta contrarietà osservando, pur essendo “favorevoli alla costruzione di una difesa comune europea”, è “inconcepibile un’esenzione Iva sulla compravendita di armi, per giunta all’esito di un provvedimento non sufficientemente approfondito e in assenza di tutti i chiarimenti che avevamo richiesto”.
La decisione, però, in parte criticata dagli stessi attivisti pentastellati, è stata quella di astenersi, non di votare contro. “Abbiamo chiesto – proseguono i senatori 5S – delucidazioni sulle finalità del provvedimento; sull’esistenza di un legame con un piano di spesa per la difesa comune europea, visto che la stessa difesa comune oggi è un obiettivo ancora lontano dall’essere conseguito; su eventuali elenchi di armi e attività a cui si dovrebbe riferire l’agevolazione […] su quanti altri Paesi abbiano già perfezionato il recepimento. Ebbene, su nessuno di questi punti è arrivato il benché minimo chiarimento da parte del relatore e del Governo”.
Un’assenza di risposta che inevitabilmente non fa che ingigantire i punti di domanda. Il dubbio, in altre parole, è che dietro la pressione del governo e con l’alibi di una guerra in corso, ci siano ragioni economiche che nulla hanno a che fare con la difesa europea, e tanto invece con l’obbedienza al dio denaro.