Questa volta si dovrà ricredere anche Jean-Claude Juncker. Quell’Italia sempre bollata come inaffidabile o addirittura pericolosa per l’Unione europea è il Paese dell’Ue che è riuscito a recuperare più soldi tra quanti rubano i fondi europei destinati all’agricoltura. Proprio così. Lo Stato martoriato dalla corruzione e pieno di furbetti, quello dipinto come distante anni luce dal virtuoso rigore teutonico, è quello che è riuscito a far meglio. Un risultato evidenziato dalla Sezione di controllo Affari Comunitari e internazionali della Corte dei Conti nella relazione speciale sulle “Procedure di recupero avviate dalle Amministrazioni centrali e dagli Organismi Pagatori nell’ambito dei fondi in agricoltura”, per il periodo 2012-2016, spedita tra gli altri proprio al presidente della Commissione europea.
I magistrati hanno appurato che l’Italia è il primo dei 28 Paesi europei per gli importi recuperati dai beneficiari dei fondi per l’agricoltura elargiti nel 2016 e 2017 e utilizzati indebitamente. I problemi ovviamente non mancano, dovuti soprattutto a “persistenti lentezze” e alla “incompiuta regionalizzazione degli organismi pagatori in agricoltura”. L’Italia, da sempre accusata di non riuscire a ottenere fondi europei fondamentali per la crescita, è riuscita però a garantire che il denaro dell’Ue non venisse sperperato. Per quanto riguarda il Fondo europeo agricolo di garanzia sono stati così recuperati 56 milioni di euro a fronte di irregolarità per 139 milioni e 14 milioni e mezzo sono stati recuperati tra quelli del Fondo per lo sviluppo rurale a fronte di irregolarità per 39 milioni. Un’azione che evita l’ennesima stangata da Bruxelles.
L’effetto dei mancati recuperi nei tempi stabiliti comporta infatti l’applicazione dell’addebito al bilancio nazionale del 50% o del 100% dei pagamenti indebiti. Differenze legate alla natura degli stessi all’inoperosità degli Stati membri. Un rischio che non si può correre. E per fare sempre meglio la Corte dei Conti ha sollecitato miglioramenti nella gestione dei recuperi. “L’analisi delle procedure indicate messe in campo dai diversi organismi pagatori – hanno specificato i magistrati contabili – ha consentito di rilevare disallineamenti nell’efficacia delle azioni intraprese, nell’affidamento delle riscossioni coattive, nell’abdebito degli interessi e nell’effettuazione dei controlli”. Tutti nei per cui nella relazione sono indicate le possibili correzioni.
La stessa Sezione Affari Comunitari e internazionali della Corte dei Conti ha sottolineato “l’assenza di meccanismi adeguati per un maggior coinvolgimento e responsabilizzazione degli organismi pagatori a livello regionale”. Non mancherà chi obietterà che l’Italia ha recuperato più somme percepite indebitamente perché è uno Stato in cui vi sono più imprenditori che cercano di arricchirsi facendosi beffe dell’UE. Il Paese dei soliti sperperi di denaro pubblico. Potrebbe anche darsi. Un’analisi in tal senso ancora manca. Quanto è emerso dall’indagine della Corte dei Conti lancia però un messaggio chiaro all’Europa: nel Belpaese chi sbaglia inizia a pagare in fretta e degli italiani ci si può fidare.