Non usa giri di parole il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e nell’audizione congiunta col ministro della Difesa Lorenzo Guerini ieri alle commissioni riunite di Camera e Senato, va dritto al punto (leggi l’articolo): “Dopo che gli americani avranno lasciato l’aeroporto Di Kabul non sarà possibile, né per noi né per alcun Paese dell’Alleanza, mantenere una qualunque presenza allo scalo”.
Mentre i leader e i capi di Stato si confrontano su quale sia la miglior exit strategy da percorrere per arginare almeno in parte i danni di quella che oggettivamente è una débacle delle forze occidentali in Afghanistan, il titolare della Farnesina ripercorre il precipitare degli eventi, repentino e drammatico, e le conseguenze dell’ultimatum lanciato dai talebani agli Usa rispetto alla scadenza improrogabile del 31 agosto proroga per le operazioni di evacuazione.
Di Maio ha comunque assicurato che ad oggi sono stati portati via tutti gli italiani e 3.741 afghani. Di questi, ha spiegato Guerini, 2.659 già arrivati in Italia e circa 1.000 in sicurezza all’aeroporto. “I militari italiani escono a testa alta dal loro impegno”, ha sottolineato il titolare della Difesa, precisando che “nessun nostro sistema d’arma o militare è stato ceduto alle forze afghane” e dunque requisito dai talebani. Per quanto riguarda le critiche sollevate dal rientro in patria dell’ambasciatore italiano a Kabul Vittorio Sandalli, Di Maio ha tenuto a precisare che si è trattato di una decisione del governo e che “nessun diplomatico italiano ha mandato di negoziare con i talebani” o di condurre “azioni unilaterali”.
Massimo impegno inoltre, affinché vengano rispettati i diritti umani civili. Sul tema del terrorismo, ha avvertito Guerini in linea con quanto già espresso dal capo dell’Aise nella sua audizione di fronte al Copasir , “dovrà essere alta l’attenzione”. “Non possiamo permettere che il Paese torni ad essere rifugio sicuro e terreno fertile per gruppi terroristici”, ha sottolineato anche Di Maio.
Quindi la questione migranti: per il governo italiano non possono esistere soltanto soluzioni nazionali ed è necessario che l’Ue metta a punto una risposta comune. Infine, il titolare della Farnesina ha confermato che l’Italia sta lavorando anche in chiave G20 per coinvolgere Cina e Russia sui punti chiave della strategia da adottare, anche per evitare una fuga in avanti di alcuni Paesi sul riconoscimento dell’Afghanistana guida talebana.