Nella lunga reprimenda del premier a Matteo Renzi non sarà sfuggito il lapsus di Giuseppe Conte: “Italia viva”, in un passaggio, viene ribattezzata “Forza Italia”. Non a caso. Ieri, per il terzo giorno consecutivo, i renziani hanno votato con le opposizioni nel tentativo di stoppare la riforma Bonafede sulla prescrizione. A fornirgli l’occasione il decreto sulle intercettazioni all’esame della commissione Giustizia del Senato. L’emendamento per reintrodurre la riforma Orlando, proposto da FI, non è passato di un soffio, ma la guerra non è finita. La battaglia si riproporrà in aula. E le minacce si fanno più insidiose a Palazzo Madama dove il partito di Renzi conta 17 senatori e la maggioranza potrebbe andare sotto.
Al governo non rimarrebbe che ricorrere alla fiducia: a quel punto Iv potrebbe non partecipare al voto. “Sulla battaglia della giustizia giusta non molliamo”, ribadisce Renzi. Sul Guardasigilli, chiamato spregiativamente “l’ex dj”, l’ex rottamatore rincara la dose di fiele: “Gli diamo due mesi di tempo. Se le cose cambiano, bene. Altrimenti ci vediamo in Senato”. Conte bolla questi ricatti come “inaccettabili”. “In questi giorni stiamo vivendo una situazione surreale: la maggiore forza di opposizione ci viene non da un partito di opposizione ma da Iv”. E ancora: “Bonafede si è reso disponibile a superare la norma della prescrizione, quindi lo si insulta per cosa? Lo si sfiducia per cosa? Di questa opposizione aggressiva e anche maleducata Renzi – è l’affondo di Conte – deve rispondere agli italiani.
Renzi annuncia che i suoi ministri diserteranno il Cdm che ha sul tavolo il dossier giustizia. “Un’assenza ingiustificata”, dice il premier. “Così parla il preside di un collegio”, replica Renzi. Che contrattacca: “Non puoi dire che siamo opposizione maleducata: se vuoi cambiare maggioranza – come hai già fatto – ti daremo una mano. Non abbiamo chiesto di aprire la crisi ma di aprire i cantieri”. E se il dem Andrea Orlando avvisa che “I governi si possono cambiare e si può andare a votare”, da parte sua il premier Conte nega la possibilità di maggioranze alternative a quella attuale. E probabilmente anche Sergi Mattarella stavolta di fronte ad una crisi irreparabile non potrebbe che sciogliere le Camere e mandare il Paese al voto.