Matteo Renzi sembra uno di quei bambini che prima fanno i capricci e poi, quando si convincono che è ora di farla finita, devono trovare il modo di “rientrare nei ranghi” senza perdere la faccia. Dunque se, da una parte, abbandona i toni aggressivi e gli ultimatum all’indirizzo di Giuseppe Conte, dall’altra ci tiene a mantenere viva la tensione. Ecco allora che, al termine dell’incontro a Palazzo Chigi col premier, finalizzato a ridefinire il Recovery plan, la delegazione di Iv si lascia andare a nuovi segnali distensivi ma nello stesso tempo tira un po’ la corda, riproponendo la questione dell’attivazione del Mes.
“Il problema di questo Paese non è se Bellanova o Bonetti si dimettano ma dare risposte ai cittadini. La task force nel testo del Recovery non c’è più, dunque avevamo ragione. Ora discutiamo nel merito delle questioni. Oggi si è fatto un passo avanti”, dichiara il capo delegazione Teresa Bellanova. Eppure come un disco rotto continua a risuonare la richiesta di attivazione del Mes: “Se nel documento che ci è stato consegnato continuano a esserci solo 9 miliardi per la sanità, perché non si riflette sulla possibilità di utilizzare i 37 miliardi del Mes, che hanno minori condizionalità rispetto a quelle del Recovery?”, chiede Bellanova, rilanciando la richiesta sul Salva Stati avanzata dal suo leader anche ieri nella consueta newsletter.
A Iv sul Mes risponde Leu: “La strumentalità a volte è commovente, qui il problema non è di accaparramento dei soldi ma di rafforzare i progetti che intrecciano la sanità con gli altri” pilastri del piano, “il green soprattutto”, dice la capogruppo al Senato, Loredana De Petris, che era nella delegazione di Leu che ha incontrato il premier dopo Iv. “Serve mettere in campo una strategia di lungo respiro che tenga insieme green, salute e infrastrutture sociali e questo significa anche un riequilibrio delle risorse”, spiega De Petris. Per Federico Fornaro (Leu) “è fondamentale che questa massa di investimenti abbia la cornice di una riforma del lavoro. Servono una nuova legge sulla rappresentanza e ammortizzatori sociali per rendere più stabile il lavoro, combattere la precarietà e aumentare i salari”.
Il premier, il giorno prima a Pd e M5S, ha spiegato che sulla governance ci sarà una riflessione seria e condivisa, che non sarà una struttura invasiva ma ha tenuto il punto: ce la chiede l’Europa. Il ministro per gli Affari Ue, Enzo Amendola, ha ribadito il concetto: “A pagina 33 la Commissione Ue chiede che ci siano strutture per il monitoraggio, per aiutare le pubbliche amministrazioni. La Commissione chiede che ogni Paese si organizzi con una struttura, che non sostituirà i ministeri, ma aiuterà la Pa a fare un lavoro positivo”. E ancora: “Avevamo 600 progetti, ora ne abbiamo 52 e saranno razionalizzati e resi coerenti”.
La delegazione di Iv ha preso qualche giorno di tempo per esaminare la documentazione illustrata nel corso dell’incontro. Già lunedì faranno pervenire un loro contributo di sintesi così come faranno le altre forze politiche. Subito dopo partiranno i tavoli di confronto. Amendola conferma quanto già detto da Conte sulla volontà di voler parlamentarizzare il processo: “Dopo la sessione di bilancio, ci saranno altri incontri al Mef. Presenteremo poi una proposta al Parlamento e successivamente ne discuteremo anche con gli enti locali e gli attori sociali. L’Italia è uno dei pochi paesi in Europa che ha deciso di lavorare sul Recovery con il Parlamento. Vogliamo condividere tutti i passaggi”. Obiettivo: “Ci auguriamo che per metà febbraio si possano già presentare i piani nazionali”.
Rimane tra gli alleati lo stupore per i comportamenti del leader di Rignano: “Noi avevamo capito che volesse lavorare con noi per fare un patto di legislatura e invece ci siamo ritrovati con la possibilità di interruzione della legislatura”, dice Andrea Orlando del Pd che non si stanca di ribadire: “Non vediamo la possibilità di altre maggioranze, riteniamo che non ci siano altre formule praticabili come governi tecnici che non hanno portato benissimo”. Tagliente il ministro Francesco Boccia: “Si minacciano ultimatum che diventano penultimatum con liturgie che allontanano i cittadini dalla politica”.
Rimane sullo sfondo l’ipotesi di un rimpasto da varare a gennaio dopo la sessione di bilancio. Un’uscita di emergenza che, secondo alcuni, potrebbe definitivamente ricomporre la situazione saziando la fame di potere dei renziani. Nel mirino la delega ai Servizi segreti che il premier ha voluto mantenere nelle sue mani. Se Conte si decidesse a mollarla, quella potrebbe essere la prima pedina che avvierebbe il riassetto dell’attuale squadra di governo.