La settimana, sul fronte della pandemia, è iniziata con cinque regioni in arancione. Alla Valle d’Aosta – che ha rischiato di finire in rosso – si sono aggiunte Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Sicilia (leggi l’articolo). Mentre alle regioni già in giallo si sono aggiunte anche Puglia e Sardegna. Secondo l’analisi stilata da Coldiretti su dati Istat 11,7 milioni di persone (in pratica 1 italiano su 5), entrano nella fascia intermedia di gravità epidemica a causa dell’incidenza dei contagi e del tasso di occupazione dei posti letto. Mentre la stragrande maggioranza della popolazione, il 77 per cento, risiede nelle regioni ancora gialle, Lombardia compresa, dove il passaggio all’arancione è stato scongiurato.
Ma c’è da dire che dopo l’introduzione del Green Pass rafforzato non cambia molto rispetto alle regioni in giallo e persino a quelle ancora in bianco. Contrariamente a quanto accade per la zona bianca o gialla, senza Green Pass sono consentiti gli spostamenti con mezzo proprio verso altri comuni della stessa regione o di altre regioni “solo per lavoro, necessità, salute o per servizi non sospesi ma non disponibili nel proprio comune”. Permessi invece anche senza certificato gli spostamenti con mezzo proprio da comuni di massimo 5.000 abitanti verso altri comuni entro i 30 km, eccetto il capoluogo di provincia.
Senza Green Pass o con il solo pass semplice sono off limits i negozi presenti nei centri commerciali nei giorni festivi e prefestivi, ad eccezione dei negozi di alimentari, edicole, librerie, farmacie e tabacchi. Non vi sono più limiti, invece, riguardo al numero di persone che possono sedersi allo stesso tavolo, sia in zona gialla che in zona arancione, purché sia mantenuto il rispetto delle capienze e delle regole per l’esercizio di queste attività stabilite negli specifici protocolli di settore. Ma la situazione attuale non è da prender sottogamba e richiede attenzione.
LA SITUAZIONE IN ITALIA. I numeri delle ultime 24 ore lo dicono chiaramente: sono 77.696 i nuovi casi a fronte di 519.293 tamponi processati, con un’incidenza pari al 15 per cento. Sono stati 352 i morti. I ricoverati con sintomi sono 235 in più rispetto a domenica, ma bisogna considerare che i dati del lunedì sono influenzati dal basso numero di dimissioni nella giornata di domenica. Stabili invece le terapie intensive, con 101 ingressi. Osservando i dati regionali, l’Emilia-Romagna è il territorio con il maggior incremento quotidiano di casi (14.719) seguita dalla Lombardia (8.844) e Lazio (7.622). Ma non solo.
In un quadro più generale sono oltre 80 milioni i contagi da variante Omicron registrati nel mondo, più di tutti i casi segnalati in tutto il 2020 e il dato – ammonisce l’Organizzazione mondiale per la Sanità (Oms) – può farci sperare ma non deve portarci a pensare che l’emergenza sia finita. “Le condizioni sono ideali per far emergere più varianti”, ha detto il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus (nella foto), esortando tutti i Paesi a collaborare per porre fine alla fase acuta della pandemia, che “sta entrando nel suo terzo anno e siamo in un momento critico”. Certo è che la velocità con cui si diffonde Omicron, variante meno aggressiva, sta alimentando le speranze che si stia imboccando la via verso la fine della crisi. La Fondazione Gimbe, diretta da Nino Cartabellotta, ha analizzato i dati dell’ultimo periodo.
“La settimana dal 17 al 23 gennaio ha visto un numero totale di somministrazioni di vaccini un poco sotto i 4 milioni – ha detto Cartabellotta -. La settimana precedente sono stati superati i 4milioni e mezzo. Il dato rilevante è che sono calati in maniera importante, di circa 90mila unità, le vaccinazioni nelle fasce pediatriche. È dovuto al fatto che nel momento in cui vanno in quarantena bambini, ragazzi e ragazze non possono andare a vaccinarsi”. “Quello di cui possiamo essere quasi certi è che la fase di salita è in frenata e nelle prossime settimane avremo qualche segnale di discesa” della curva epidemica da Covid. Così il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, secondo il quale Omicron “non sarà l’ultima variante della quale sentiremo parlare e sono certo che tutti i Paesi devono prepararsi a gestire in maniera ordinaria quello che sarà un virus stagionale”.
Ciò significa, rileva, “rivedere l’assistenza sanitaria, rivedere il calendario scolastico. Insomma bisogna mettere in campo una serie di strategie che permetteranno dal prossimo inverno di convivere col virus”. “Questo virus – sottolinea Cartabellotta – è prevalentemente stagionale, in primavera andremo verso una fase di tranquillità. Dobbiamo immaginare che il prossimo inverno potrebbe esserci una ripresa se dovessero esserci nuove varianti come già accaduto in passato”.