Nel salotto estivo di Bruno Vespa che l’ha intervistata nella sua masseria in Salento, tra fichi d’india e filari di vigneti, la premier Giorgia Meloni ha posto il suo veto sul Meccanismo europeo di stabilità. “Il Mes è uno stigma che rischia di tenere bloccate risorse in un momento in cui invece le stiamo cercando tutti. Poi non verrebbe usato da nessuno”. Un parere che non trova d’accordo il commissario europeo Paolo Gentiloni che, con altrettanta nettezza, replicò: “La mancata ratifica del Mes non fa bene al Paese”.
Giorgetti a Gentiloni: per adesso non se ne parla di ratificare il Mes. Intanto sulle regole di bilancio il negoziato è in alto mare
Ma Meloni ha tenuto comunque il punto nel confermare la sua contrarietà verso il Mes, usando parole che ricalcavano quelle dette a Vespa a dicembre: “Finché io conto qualcosa, posso firmarlo con il sangue che l’Italia non accederà al Mes”. Il giorno dopo ha ribadito il messaggio il vicepremier Matteo Salvini: “Il Mes ha perso necessità e vantaggio”. Ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ribadito il concetto a Gentiloni: la ratifica dell’Italia, unico Stato a mancare all’appello, non è all’orizzonte. Secondo il calendario di Montecitorio, la discussione in Aula delle proposte di legge per la ratifica del Mes è nel programma dei lavori del mese di giugno, l’ultimo giorno del mese per l’esattezza.
“C’è stata la riunione del board of governors del Mes nel corso della quale si è avviata una discussione su in che modo si possono sviluppare gli obiettivi del Mes e nel corso di questa riunione il governo italiano attraverso il ministro Giorgetti ha ribadito le difficoltà che ci sono nel Parlamento italiano per la ratifica del trattato”, ha detto il commissario europeo all’Economia arrivando alla riunione dell’Eurogruppo a Lussemburgo.
Ma rimane in Europa il sospetto che l’Italia voglia usare il Mes come arma di ricatto in cambio di condizioni più favorevoli sul Patto di stabilità e di flessibilità sulle proposte di modifica al Pnrr. E proprio sulla proposta di riforma del Patto il dibattito tra gli Stati sembra destinato a scaldarsi. Dopo settimane di un lavoro tecnico sembrano essersi moltiplicati a dismisura i punti da chiarire (si parla di 500 pagine di domande). Ma, come annunciato alla vigilia, la riunione dei ministri europei dell’Economia non sarà dirimente: il negoziato politico continuerà per qualche mese. Ci si aspetta un momento culminante a novembre, visto che la sospensione delle regole di bilancio sarà ritirata a fine anno. Il ministro della Germania, Christian Lindner, si è unito ai colleghi di altri dieci Paesi per ribadire che “deve essere chiaro a tutti che il debito non può crescere indefinitamente in ogni crisi”.
Il rischio è un sovraccarico dei conti pubblici “particolarmente oneroso in tempi di aumento dei tassi di interesse”, hanno scritto in una lettera pubblicata su diversi quotidiani europei (Repubblica per l’Italia). “Criteri quantitativi applicabili in tutti gli Stati membri contribuiscono a formulare chiari requisiti minimi che permettono il consolidamento e sostengono la crescita”, hanno affermato i ministri di Germania, Cechia, Austria, Bulgaria, Danimarca, Croazia, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia e Lussemburgo.
Gentiloni ha però invitato a evitare polarizzazioni. “Le posizioni dei singoli Paesi sono legittime” e la Commissione dovrà costruire soluzioni comuni, ha detto. “Questo è il momento di costruire ponti tra le diverse posizioni, non di fortificare le posizioni di ciascun Paese creando schieramenti”. In settimana Lindner ha ribadito la richiesta che la riforma preveda un calo del debito dell’1% all’anno per i Paesi più indebitati in tempi normali.