Non poteva ottenere di più e di meglio il premier Giuseppe Conte a Bruxelles. Sul Mes, meccanismo europeo di stabilità, si impone la linea del Governo italiano. Passano le richieste del Parlamento (e dei Cinque Stelle) con buona pace dei sovranisti di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. L’Italia dà una prova di forza. Altro che subalternità in Europa, come dicono Lega e FdI. Nelle conclusioni dell’Eurosummit entra il riferimento alle varie riforme (la “logica di pacchetto”), salta l’accenno temporale alla firma del nuovo Mes, ci sono l’invito a proseguire i lavori e a riaggiornarsi a giugno e il richiamo alle procedure nazionali.
IL SALVA-STATI. Prima dell’inizio dei lavori della seconda giornata del Consiglio, il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno dichiara di aspettare la ratifica della riforma del Mes “all’inizio del prossimo anno”. Il premier, con garbo, lo corregge: “A sottoscrivere i risultati sarà ciascuno Stato. Aspettiamo a dare una data”. Ad aver ragione sarà Conte. Nella prima versione delle conclusioni i leader invitavano l’Eurogruppo a “finalizzare il lavoro tecnico” sul pacchetto di riforme in cui rientra il Mes. Conte ottiene che venga modificato quel passaggio in uno stimolo a “proseguire il lavoro tecnico”, “in attesa delle procedure nazionali, in riferimento alla ratifica da parte degli Stati” e a “continuare a lavorare su tutti gli elementi di un ulteriore rafforzamento dell’Unione bancaria, su base consensuale”.
“Incoraggiamo – aggiungono i leader – che sia portato avanti il lavoro su tutti questi temi su cui torneremo al più tardi entro giugno 2020”. L’Italia, ha spiegato il premier al termine dei lavori, si riserva “una valutazione complessiva” sulle diverse componenti della riforma (Mes, Bicc, Unione bancaria, assicurazione sui depositi). Valuterà il governo, valuterà il Parlamento “prima di apporre una qualsiasi firma” di cui ora viene meno l’“assillo”. Perché, spiega, “fino a oggi non abbiamo sottoscritto nulla a dispetto delle mistificazioni”. Ai suoi colleghi il premier ha spiegato che sul Mes “ci sono delle criticità”. Per esempio, sulle clausole di azione collettiva per cui si chiede un “meccanismo più garantista”.
Per quanto riguarda il Bicc, l’Italia “non è soddisfatta”, poiché “è poco ambizioso”: ma anche “questa premura” entra nel documento conclusivo dei leader. Con il nuovo anno l’Italia, dice Conte, si farà promotrice di un rilancio del negoziato sull’Unione bancaria. “Sul Mes l’Eurogruppo continuerà a lavorare a livello tecnico per implementarlo”, conferma il presidente Ue Charles Michel. E a chi gli chiede quando arriverà la firma risponde: “Eccellente domanda”. “Quando parliamo di Mes parliamo della revisione di un istituto che esiste già dal 2012 anche se l’abbiamo scoperto solo oggi nel dibattito pubblico”, dice ancora il premier. Proprio il giorno prima, Luigi Di Maio aveva rievocato le tappe dell’istituzione del Mes: la nascita nel 2010 per mano del trio Berlusconi-Meloni-Lega, la sua ratifica nel 2012 con Berlusconi-Meloni.
GLI ALTRI NODI. A un cronista che gli chiede se con le sue posizioni sul fondo salva-Stati sia in gioco la credibilità dell’Italia, Conte replica stizzito: nulla è cambiato con la seconda risoluzione votata mercoledì rispetto a quella di giugno (e anche su questo aveva insistito il capo politico dei 5Stelle replicando alla Lega), “se tutti ci seguono, condividono e appoggiano, non sono io a perdere credibilità è lei a essere un italo-scettico”. Il vertice Ue ha, poi, raggiunto un accordo per fissare al 2050 il raggiungimento dell’obiettivo della neutralità climatica. Dei paesi dell’Est che si erano opposti rimane fuori al momento la Polonia: Varsavia avrà tempo fino a giugno 2020 per decidere se aderire.