Da nord a sud l’Italia è flagellata dal maltempo. Frane, voragini e straripamenti stanno mettendo in ginocchio il nostro Paese che appare sempre più vulnerabile alle violentissime intemperie che, inutile girarci intorno, sono diventate la normalità per via dei mutamenti climatici e che stanno trovando terreno fertile in decenni di malgoverno dovuto all’incapacità di gestire le risorse finanziarie stanziate dai diversi governi. Così ogni volta, disastro dopo disastro, bisogna fare la conta dei danni e dare il via a lunghe e dolorose indagini come quella di un anno fa sul crollo del Ponte Morandi o quella sul cedimento di schianto, avvenuto domenica, del viadotto dell’A6 Madonna del Monte in Liguria. Insomma passa il tempo, senza che ci insegni nulla, e la storia si ripete sempre con lo stesso stucchevole copione.
TORINO-SAVONA KO. Quando domenica scorsa è crollato il ponte dell’A6, è stato normale pensare alla classica tragica fatalità. Eppure qualcosa, in queste ore, sembra raccontare una storia diversa perché la procura di Savona ha avviato accertamenti urgenti sullo stato dei piloni che potrebbero aver concorso al cedimento di una porzione stradale di circa 30 metri all’altezza di Altare e Ferrania. Quel che è certo è che il crollo sia stato causato da quella che il governatore Giovanni Toti ha descritto come “una imponente frana con una colata di due metri di fango” che ha letteralmente e violentemente travolto i pilastri della sopraelevata. Però, questo è il dubbio più inquietante di tutti, i magistrati in queste ore si stanno chiedendo se non ci sia stata anche una concausa legata a possibili problemi strutturali o alla corrosione dei piloni stessi.
Proprio questi, infatti, erano già finiti all’interno di un esposto, fatto all’indomani del crollo del Morandi e depositato il 12 settembre 2019, di ben 22 pagine e con numerose prove fotografiche relativo alle condizioni critiche dell’A6. A firmarlo era stato l’ingegnere savonese Paolo Forzano che aveva documentato il cattivo stato di conservazione dei piloni che sorreggono alcuni viadotti non lontani da quello venuto giù domenica. Una condizione critica che viene certificata dal ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, secondo cui: “Un minuto dopo essere usciti dall’emergenza, dobbiamo dare disponibilità alla Liguria di immaginare un piano straordinario, perché gli eventi di questi ultimi anni ci raccontano di un territorio che ha fragilità conosciute e sconosciute, dove non servono solamente risorse ma anche interventi coordinati che garantiscano a persone e imprese di lavorare in sicurezza”.
PIEMONTE IN GINOCCHIO. Ma se la Liguria piange, non si può di certo dire che il resto d’Italia rida. Una situazione particolarmente grave è quella che si sta verificando in queste ore in Piemonte dove, secondo il governatore Alberto Cirio, si assiste ad “un bollettino di guerra con almeno 130 strade chiuse, 550 sfollati, 600 persone isolate e, purtroppo, una vittima”. Tra i danni maggiori c’è una voragine sull’A21 Torino-Piacenza in prossimità di Villanova d’Asti. Ma ora a preoccupare sono soprattutto i fiumi. Il Ticino, infatti, è esondato allagando la zona del Borgo Basso mentre il Po è il sorvegliato speciale che sta crescendo di 10cm all’ora e sta minacciando seriamente le campagne tra Cremona e Mantova. Al momento, in un bilancio dei danni del tutto provvisorio, si parla di 300 milioni di euro provocati dall’ondata di maltempo che, purtroppo, sembra ancora ben lontana dall’esaurirsi.