L’Italia e altri 10 Paesi del mondo si sono riuniti oggi in videoconferenza per dare il via al Progetto I CAN (Interpol Cooperation Against ‘ndrangheta), presentato il 30 gennaio scorso a Reggio Calabria. I Paesi coinvolti sono l’Argentina, l’Australia, il Brasile, il Canada, la Colombia, la Francia, la Germania, gli Stati Uniti, la Svizzera e l’Uruguay che lavoreranno insieme per un progetto di tre anni, ideato dall’Italia insieme all’Interpol, per un attacco globale alla ‘ndrangheta, oggi presente in 32 Paesi di quattro continenti (Europa, Africa, America e Oceania), di cui 17 Stati europei.
Per l’Italia hanno partecipato alla videoconferenza il capo della Polizia, Franco Gabrielli, insieme al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri, e al Comandante Generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana. Le forze di polizia italiane lavoreranno insieme con un’unica squadra che rappresenterà il punto di riferimento per tutti i Paesi coinvolti. L’avvio del progetto era fissato per la fine di marzo ma è stato bloccato a causa della pandemia da Covid-19. Nel periodo di lockdown si è però continuato a lavorare su tutti gli aspetti organizzativi del progetto che ha come obiettivi la cattura dei latitanti e la confisca dei patrimoni illeciti, sulla base di una conoscenza approfondita del fenomeno criminale e del rischio che rappresenta soprattutto nelle sue proiezioni internazionali.
In apertura dei lavori l’intervento del Segretario Generale dell’Interpol, Jurgen Stock, a capo della più grande organizzazione internazionale di polizia, che riunisce 194 Paesi del mondo. Il progetto I CAN è stato illustrato dal Vice Capo della Polizia, Vittorio Rizzi, mentre a conclusione dell’incontro è intervenuto il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho (a sx nella foto con Gabrielli). “La ‘ndrangheta – ha detto il capo della Dna – è un punto di riferimento internazionale per il traffico degli stupefacenti e la Direzione Nazionale Antimafia italiana è impegnata quotidianamente con le Forze di Polizia di molti Paesi nel mondo. La ‘ndrangheta parla tutte le lingue ed è capace di mimetizzarsi e di essere ovunque”.
“Colonizza i territori – ha aggiunto Cafiero de Raho – e richiama su quei territori i propri uomini. Malgrado sia infiltrata in più di 30 Paesi nel mondo, le organizzazioni non sono autonome: esiste un organismo centrale che disciplina i rapporti e risolve gli attriti tra le strutture territoriali. Queste concorrono alla formazione dell’organismo centrale, ma non ne conoscono l’intera struttura di vertice, per evitare che eventuali collaborazioni con gli investigatori possano minare il sistema”. Nel periodo delle stragi di mafia degli anni ’90, la ‘ndrangheta aveva iniziato a collaborare con Cosa Nostra mettendo a segno alcuni attentati, per fare dopo poco un passo indietro evitando ripercussioni negative per i propri affari economici.
Tra le attività più pericolose, l’infiltrazione nelle economie legali. In particolare costituendo società in Paesi dai sistemi giuridici più vulnerabili e meno collaborativi, in cui è più facile riciclare denaro sporco. Il Procuratore Nazionale Antimafia ha sottolineato “l’importanza della collaborazione tra Forze di Polizia di Paesi diversi”, visto che “la ‘ndrangheta si muove con grande velocità in un mondo globalizzato e solo la fiducia tra le Forze di Polizia può garantire la costituzione di un sistema investigativo comune, senza frontiere”.