In Italia c’è un’emergenza di cui si parla poco, pochissimo, per non assumersene la responsabilità: i più di 140 morti ogni giorno per il particolato fine (il Pm2.5). L’Italia è il Paese Ue dove ogni anno si registrano più decessi prematuri a causa di questa sostanza. Come riporta Openpolis secondo l’organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel mondo quasi 7 milioni di persone ogni anno muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico, presente sia nell’ambiente esterno che dentro casa.
Il particolato fine è una delle sostanze più nocive. E il nostro Paese detiene il primato negativo
In Europa esso rappresenta il principale fattore di rischio per la salute. Tra le sostanze più pericolose, l’Oms individua il particolato (Pm), il biossido di azoto (No2), il biossido di zolfo (So2) e l’ozono troposferico (O3). Il particolato fine però rappresenta un fattore di rischio particolarmente rilevante per via delle dimensioni estremamente ridotte delle sue particelle (inferiori ai 2,5 micrometri di diametro), che gli permettono di raggiungere in profondità il sistema respiratorio umano. Entrando anche nel sangue, si sparge in tutti gli organi e i tessuti. Al momento risulta accertata la relazione con infarti, ischemie, tumori ai polmoni e patologie respiratorie acute e croniche come l’asma, ma il particolato fine può anche avere effetti sul sistema nervoso e riproduttivo.
In Europa nel 2020, l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati, circa 238mila persone sono morte prematuramente a causa del Pm2.5. Un dato in calo da alcuni anni (nel 2011 il valore era pari a oltre 392mila), ma in aumento rispetto al 2019. Parliamo, complessivamente, di 2,4 milioni di anni di vita persi a causa degli effetti del particolato fine. Tra i vari paesi membri dell’Unione, l’Italia detiene il record negativo. Seguono la Polonia con quasi 37mila e la Germania con circa 29mila.
Rapportando il dato con la popolazione, vediamo che è soprattutto nell’Europa orientale e centrale che si registrano i valori più elevati. Prime la Bulgaria e la Romania con rispettivamente 153 e 112 decessi ogni 100mila abitanti. Soltanto in Italia sono più di 462mila anni di vita persi, un dato a cui si avvicina solo la Polonia con quasi 416mila. In Bulgaria, Romania, Polonia e Ungheria sono oltre 1.000 ogni 100mila abitanti. Complessivamente in tutta l’Ue la situazione è migliorata e tra il 2011 e il 2020 il numero di decessi prematuri causati dal Pm2.5 è diminuito del 39,4%.
L’Italia, oltre a essere il Paese con più morti, è anche uno di quelli dove la situazione ha visto il miglioramento più contenuto, registrando un calo delle morti premature pari al 21,3% tra 2011 e 2020. Ci precede solo la Spagna con una riduzione di entità ancora inferiore: 18,8%. Valori molto più marcati li riportano invece vari stati dell’Europa settentrionale e occidentale. Inoltre il nostro Paese ha riportato un nuovo aumento nel 2020, probabilmente anche a causa della pandemia da Covid-19 che, essendo una patologia respiratoria, ha un legame con l’inquinamento atmosferico.
La situazione rimane critica in tutta l’area Ue. Ma gli altri Stati fanno più progressi di noi
Un problema che si è presentato soprattutto nel nord Italia, la zona più colpita sia dal virus che dall’inquinamento. L’Italia ha registrato costantemente valori superiori rispetto agli altri grandi paesi dell’Ue, dal 2011 al 2020. Si tratta anche dello stato che ha visto il maggior aumento tra il 2019 e il 2020, arrivando a 88 decessi ogni 100mila abitanti, una cifra più che doppia rispetto agli altri grandi paesi europei. Per intervenire presto e bene sulla riduzione di smog sarebbe necessaria una reale consapevolezza ambientale e la volontà di accelerare la transizione ecologica. Nel Paese dove il ministro ai Trasporti approfitta di una strage come quella di Mestre per attaccare i mezzi elettrici le speranze sono ridotte al lumicino.