Bocciati. Clamorosamente. È proprio il caso di dirlo. Italia, infatti, è maglia nera nell’area Ocse per la spesa pubblica complessiva nell’istruzione nel 2014. È il triste quadro che emerge dallo studio dell’organizzazione, in cui si sottolinea che Roma ha riservato il 7,1% della spesa delle amministrazioni pubbliche al ciclo compreso tra la scuola primaria e l’università. Un calo del 9% rispetto al 2010, secondo il rapporto “indice di un cambiamento nelle priorità delle autorità pubbliche piuttosto che di una contrazione generale di tutte le spese governative”.
Sempre nel 2014, l’Italia ha dedicato il 4% del suo Pil all’istruzione (contro il 5,2% della media Ocse), con un calo del 7% rispetto al 2010. Nello stesso anno Roma ha speso in media 9300 dollari statunitensi per studente (contro i 10.800 della media Ocse).
Ma non basta. Siamo, infatti, maglia nera anche per quanto riguarda i Neet. Sempre più preoccupante in Italia il numero dei Neet (dall’acronimo inglese che sta per persone di età tra i 15 e i 29 anni non impegnate nello studio, nel lavoro, nella formazione). I Neet in Italia raggiungono il 26%, rispetto al 14% della media degli altri Paesi Ocse. La situazione è più grave in Campania, Sicilia e Calabria, dove un giovane su tre fa parte della categoria. Nella classifica stilata dal rapporto Ocse, il nostro Paese si posiziona al penultimo posto, subito prima della Turchia con il 28%. Ai primi posti ci sono i Paesi Bassi e la Danimarca con un tasso dell’8%, seguiti dalla Svizzera (9%), dalla Germania (10%) e dall’Austria (11%). Nel Belpaese scarseggia anche la partecipazione degli adulti (25-64 anni) ai percorsi di formazione. Secondo i dati del rapporto, la percentuale italiana è tra le più basse dei Paesi Ocse. Dopo l’Italia che raggiunge appena il 19% ci sono la Turchia e la Grecia. La media di partecipazione negli altri Paesi è, invece, del 39%.