Dopo aver speso quasi 9 miliardi di euro in 20 anni, conclusa la missione militare in Afghanistan (leggi l’articolo) l’Italia continua a pagare. La presa del potere dei talebani e il ritiro della coalizione internazionale trasformatosi subito in un rovescio hanno dimostrato che risorse enormi e vite umane non sono servite né a garantire un futuro migliore agli afghani né a rendere sicuro quel Paese per gli altri Stati. E ora quel flop costringe Roma a dover allentare di nuovo i cordoni della borsa senza poter realizzare nulla di buono per Kabul, ma solo per sostenere la massa di profughi che sono fuggiti da quello che è tornato ad essere un inferno.
IL CASO. Il Consiglio dei ministri, modificando la propria deliberazione del giugno scorso sulle missioni internazionali, ha stanziato 120 milioni per l’Afghanistan. Un provvedimento al vaglio delle Camere, che sostituisce la scheda relativa all’erogazione di un contributo per adempiere all’obbligo assunto dall’Italia in ambito Nato di sostenere il finanziamento delle forze di sicurezza e difesa afghane. Non vi sono più forze da sostenere. Quelle formate dalla coalizione internazionale si sono sciolte come neve al sole davanti all’avanzata dei talebani.
La nuova scheda riguarda il “Fondo per interventi di risposta alla situazione in Afghanistan per il sostegno umanitari alle popolazioni coinvolte anche nei paesi limitrofi” ed “evidenzia la criticità rappresentata da flussi di rifugiati che dall’Afghanistan si riverseranno in primo luogo sui Paesi confinanti, orientandosi subito dopo sui Paesi situati lungo le rotte che conducono all’Europa, per manifestarsi come un ulteriore fattore di pressione di potenziali richiedenti asilo sulle frontiere esterne europee”.
Insomma prima abbiamo pagato per una missione che si è rivelata un buco nell’acqua e ora per far fronte ai profughi che quel disastroso intervento ha generato. Un’iniezione di denaro giustificata il sostegno alla popolazione civile e in particolare alle “categorie più deboli e vulnerabili e che hanno contribuito a sostenere l’economia, migliorando sensibilmente le condizioni di vita della popolazione”. Dal 1 settembre al 31 dicembre di quest’anno verranno così spesi 120 milioni di euro per migliorare le condizioni di accoglienza e le iniziative di resilienza a favore della popolazione afghana, in particolare degli sfollati e rifugiati negli Stati dell’area a seguito dell’evoluzione della situazione nel corso del mese di agosto, attuare iniziative volte a facilitare l’accoglienza di sfollati e rifugiati afghani, e assicurare la partecipazione italiana all’attuazione di iniziative Ue e internazionali di risposta alla situazione in Afghanistan.
Del resto, audito il 24 agosto scorso dalle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa del Parlamento, il ministro degli esteri Luigi Di Maio ha subito definito una priorità la gestione dell’impatto migratorio della crisi afghana. “La questione – ha dichiarato – andrà affrontata facendo ricorso a tutti gli strumenti disponibili, ordinari e straordinari, per scoraggiare e prevenire rotte migratorie insicure ed illegali. A tal fine è importante assicurare l’operatività delle organizzazioni internazionali sul terreno e sostenere a livello europeo i Paesi della regione nell’affrontare l’accoglienza di coloro che lasceranno l’Afghanistan”. Aspetti poi approfonditi con le audizioni del comandante operativo di vertice interforze, il generale Luciano Portolano, il 15 settembre scorso alla Camera, della rappresentante dell’UNHCR per l’Italia, Chiara Cardoletti. Insomma occorrerà pagare ancora.