Un’operazione mirata per colpire uno dei nemici storici: Mustafa Badreddine, 55 anni e capo militare di Hezbollah, considerato il numero due di Hassan Nasrallah è stato ucciso in un bombardamento vicino all’aeroporto di Damasco, in Siria. Israele avrebbe così pianificato l’attacco nella capitale siriana dove il gruppo sciita libanese ha inviato migliaia di uomini per dare un aiuto all’alleato presidente siriano, Bashar Assad. Secondo le informazioni fornite da Hezbollah il raid sarebbe stato portato a termine, nella notte tra martedì e mercoledì, da alcuni aerei marchiati con la stella di David. L’operazione aerea potrebbe avere causare nuove tensioni tra gli israeliani e la fazione libanese sostenuta dall’Iran. Il governo di Tel Aviv non ha comunque confermato l’attacco.
“Era uno dei nostri più grandi militanti ha partecipato a molte operazioni compiute dalla resistenza islamica sin dal 1982 ed era uno dei nostri più importanti leader”, ha scritto Hezbollah nel messaggio che ha ricordato Badreddine, ammettendo la sua morte. Il leader militare era stato accusato di aver partecipato nel 2005 all’uccisione del primo ministro libanese sunnita, Rafiq Hariri.
Sul capo di Badreddine gravava anche una condanna a morte in Kuwait per il suo ruolo in alcuni attentati dinamitardi nel 1983. Tuttavia, è riuscito a fuggire dalla prigione dopo che il paese è stato invaso dall’Iraq nel 1990. Nel tempo si aveva scalato le gerarchie dell’organizzazione sciita libanese, foraggiata dall’Iran, fino a diventarne il capo militare. Negli ultimi anni si è rivelata una figura chiave per la nuova avanzata del regime di Assad contro gli attacchi dei ribelli. Da tempo, infatti, Badreddine risiedeva stabilmente in Siria per sostenere il presidente. La sua uccisione, quindi, potrebbe avere ripercussioni anche sul conflitto siriano che stava vedendo una imponente controffensiva dell’esercito di Damasco.