Israele pensa a Gaza e annuncia: “Le truppe militari resteranno nella Striscia per molti anni”

Israele punta a mantenere le sue truppe militari nella Striscia di Gaza ancora per molti anni: l'annuncio arriva dal governo di Tel Aviv.

Israele pensa a Gaza e annuncia: “Le truppe militari resteranno nella Striscia per molti anni”

Se non sarà un’occupazione militare, poco ci manca. Gli obiettivi dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza diventano sempre più espliciti, tanto da dire che le truppe resteranno in quel territorio “per molti anni”. A confermarlo è Avi Dichter, ministro israeliano per la Sicurezza alimentare e membro del gabinetto di sicurezza di Tel Aviv. Dichter, secondo quanto riporta il Guardian, ha spiegato che le truppe militari israeliane resteranno a Gaza per molti anni con l’obiettivo di combattere sul territorio contro le nuove reclute di Hamas. E il ministro si spinge oltre, sostenendo che proprio l’esercito israeliano potrebbe essere responsabile della consegna di aiuti alimentari nella Striscia. Nonostante in quest’anno di guerra sia stato sempre molto difficile fornire i sostegni alla popolazione.

Le truppe israeliane resteranno a Gaza per molti anni

L’obiettivo quindi è un dispiegamento a lungo termine delle truppe a Gaza, anche se non si punta – almeno per il momento – a governare il territorio. “Penso che staremo a Gaza per un lungo periodo. Penso che la maggior parte delle persone capirà” che passeranno anni in una situazione come quella in Cisgiordania, ha sottolineato Dichter. D’altronde, scrive sempre il Guardian, chi ha prestato servizio di recente a Gaza racconta come Israele stia costruendo nuove infrastrutture militari, con campi e strade, nella fascia settentrionale e in quella centrale di Gaza. Gli stessi militari parlano di case demolite per liberare il terreno che sarà utilizzato per basi militari nel corridoio Netzarim.

Notizia confermata anche dalla Bbc, che ha visionato delle immagini satellitari: Israele starebbe costruendo una sorta di barriera di demarcazione militare nella Striscia, impegnando in quest’operazione diversi militari e demolendo gli edifici per fare spazio. L’obiettivo sembra essere quello di dividere la Striscia tra la parte settentrionale e tutto il resto del territorio, al fine di controllarla meglio. E impedendo ai palestinesi di tornare nel nord.

La guerra sul campo

Intanto la situazione a Gaza sembra diventare ancora più favorevole per Israele. Dopo l’accordo con Hezbollah per il cessate il fuoco in Libano, infatti, Hamas sarebbe più isolato. Secondo un retroscena del New York Times, ora Hamas sarebbe addirittura pronto a cedere e accettare qualche compromesso per una tregua a Gaza. Ma dall’altra parte c’è Tel Aviv che non ha nessuna intenzione di fare concessioni. Hamas intanto sembra indebolito anche dall’Iran che oggi è più tiepido e meno pronto a uno scontro diretto. Il cessate il fuoco, però, resta lontano, nonostante la volontà di Hamas di trattare, comunicata già prima della tregua in Libano.

Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, però non vuole concedere nulla e anzi vuole prendere tempo in attesa dell’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, da cui potrebbe uscire rafforzato. C’è poi l’altro fronte, quello libanese, con la tregua siglata negli scorsi giorni che è però tutt’altro che stabile. Non mancano, infatti, gli “incidenti”. Nelle ultime ore l’esercito israeliano ha ferito due persone nel sud del Paese, in particolare nella città di Bint Jbeil, aprendo il fuoco contro i civili che tentavano di tornare nelle loro case. La notizia è stata riportata dai media di Beirut, secondo cui gli spari hanno preso di mira un gruppo di civili che si trovava nelle vicinanze dell’ospedale della città devastata dai raid israeliani.

E che la tregua sia in bilico lo certifica anche l’Idf: secondo il sito di notizie Ynet, che cita proprio fonti dell’Idf, l’apparato di sicurezza israeliano ritiene che le possibilità di una ripresa della guerra in Libano siano attorno al 50%. Proprio per questa ragione il governo non ha ancora chiesto a decine di migliaia di residenti sfollati nel nord di tornare nelle loro abitazioni. Insomma, la tregua è stata siglata, ma ora va confermata nei fatti. E non sarà così semplice.