Dopo la caduta del sanguinario dittatore Bashar al-Assad per mano dei gruppi jihadisti guidati da Abu Muhammad al-Jolani, in Siria regna il caos. Non tanto per questioni interne – sebbene il leader dei combattenti, un tempo legati ad Al Qaeda e all’ISIS, abbia annunciato l’intenzione di “rintracciare” e “punire” gli ex alti funzionari che hanno governato il Paese con il pugno di ferro – quanto per le mire espansionistiche della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, finanziatore dei combattenti di al-Jolani, e di Israele, che hanno occupato porzioni di territorio siriano.
La Siria cerca di lasciarsi alle spalle Assad
Dopo una battaglia lampo, il Paese sta tentando una difficile ripartenza. Il movimento jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) di al-Jolani ha annunciato di aver formalmente incaricato Muhammad al-Bashir, l’ultimo primo ministro in carica sotto il regime di Assad, di formare un governo di transizione con il mandato di “sbrigare gli affari correnti” fino al prossimo 1 marzo. Tuttavia, HTS ha già dichiarato, per bocca del proprio leader, di voler perseguire una resa dei conti con gli ex funzionari “coinvolti nella tortura del popolo siriano”.
Al-Jolani ha annunciato che presto sarà pubblicato un elenco di nomi di alti ufficiali dell’esercito e della sicurezza ritenuti responsabili di crimini di guerra. “Offriremo ricompense a chiunque fornisca informazioni su questi individui”, ha dichiarato, sottolineando che “non esiteremo a ritenere responsabili i criminali, gli assassini e i torturatori”. La richiesta è giustificata, secondo il movimento jihadista, dal ritrovamento di centri di detenzione di Assad in cui sarebbero stati scoperti circa quaranta corpi con evidenti segni di torture “orribili”.
Israele non perde tempo e occupa le alture del Golan in Siria. Netanyahu assicura “da cui non ce ne andremo più”
Mentre la Siria tenta di lasciarsi alle spalle un passato recente segnato da terribili violenze – con dubbi significativi sull’effettivo miglioramento della situazione sotto la guida di gruppi radicali – le preoccupazioni principali riguardano le manovre militari di Israele. Approfittando del caos, Israele ha avanzato i propri tank in Siria, posizionandosi, secondo fonti locali, a circa 20 chilometri da Damasco. Secondo le Nazioni Unite, questa mossa avrebbe l’obiettivo di creare una nuova zona cuscinetto all’interno dei confini siriani. L’esercito israeliano (IDF) ha negato tali affermazioni, sostenendo di aver occupato esclusivamente la zona cuscinetto sulle alture del Golan, in seguito al ritiro delle forze siriane. Israele ha dichiarato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che queste sono “misure limitate e temporanee” per proteggere i residenti della parte israeliana delle alture del Golan.
Tuttavia, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha smentito indirettamente queste rassicurazioni, affermando in una conferenza stampa che “le alture del Golan rimarranno per sempre parte integrante di Israele”. Le dichiarazioni di Netanyahu hanno provocato una dura reazione del ministero degli Esteri turco, che ha condannato con forza “l’avanzata di Israele sul territorio siriano in violazione dell’Accordo sul disimpegno del 1974”.
Ankara ha sottolineato che, in un momento cruciale in cui sembra possibile raggiungere pace e stabilità in Siria, Israele continua a mostrare una “mentalità di occupazione”. La questione del futuro della Siria è già arrivata sul tavolo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove gli Stati membri stanno lavorando a una dichiarazione congiunta per riaffermare “la necessità di preservare l’integrità territoriale e l’unità” del Paese mediorientale.