Seppur con un giorno di ritardo, Israele e Hamas hanno firmato l’accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Un’intesa mediata dai rappresentanti di Stati Uniti e Qatar che, secondo quanto riporta Ynet, citando un funzionario a conoscenza dei dettagli, è stata raggiunta durante la notte, quando sono state risolte le ultime divergenze.
Israele e Hamas hanno firmato l’accordo in tre fasi per il cessate il fuoco
Secondo un funzionario statunitense citato da Axios, nei giorni scorsi era emerso un disaccordo sulla lista finale dei prigionieri palestinesi da rilasciare come parte dell’accordo. In particolare, Hamas avrebbe chiesto di sostituire alcuni nomi della lista con quelli di leader militari del gruppo che stanno scontando molteplici ergastoli per aver pianificato e orchestrato attentati suicidi.
Israele aveva inizialmente opposto il veto, bloccando il loro rilascio. Tuttavia, Hamas ha nuovamente posto la questione come condizione imprescindibile nei negoziati. Di conseguenza, l’inviato del presidente Joe Biden per il Medio Oriente, Brett McGurk, l’omologo del presidente eletto Donald Trump, Steve Witkoff, e i mediatori qatarioti ed egiziani hanno lavorato per ore a Doha per trovare una soluzione. Tale soluzione – al momento non ancora resa pubblica – ha permesso di raggiungere l’accordo.
I media israeliani rivelano: “Bibi vuole riprendere la guerra al termine della prima fase”
Stando a quanto trapela da una bozza dell’accordo riportata dai media, il cessate il fuoco sarà suddiviso in tre fasi. La prima prevede la liberazione di oltre 1.700 detenuti palestinesi, di cui 300 già condannati all’ergastolo, in cambio di 33 ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Secondo il quotidiano Haaretz, però, il gruppo palestinese non intende rivelare in anticipo se gli ostaggi siano vivi o morti, alimentando una macabra attesa.
La loro identità, infatti, “dovrebbe essere svelata solo contestualmente alla loro effettiva liberazione”. Le fasi successive – con la terza e ultima che dovrebbe porre le basi per la conclusione definitiva del conflitto – verranno definite nel corso di negoziati che inizieranno nei prossimi giorni.
Un Paese spaccato: Ben-Gvir molla Netanyahu
Tutto risolto? Assolutamente no. I partiti dell’estrema destra israeliana si oppongono fermamente alla tregua. Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, avrebbe offerto il proprio appoggio al primo ministro Benjamin Netanyahu a patto che, dopo la liberazione degli ostaggi civili prevista nella prima fase, Israele riprenda le operazioni militari contro Hamas a Gaza. Secondo quanto riportano i media israeliani, Netanyahu avrebbe accettato queste condizioni, promettendo di proseguire le ostilità “fino alla completa sconfitta di Hamas”.
Tuttavia, queste rassicurazioni non hanno placato il dissenso. Il ministro Itamar Ben-Gvir, altro esponente di spicco dell’estrema destra, ha pubblicato su X (ex Twitter): “Amo il primo ministro Benjamin Netanyahu e farò in modo che continui a essere premier, ma lascerò il governo perché l’accordo firmato è disastroso e mette a repentaglio la sicurezza di Israele”. Le posizioni critiche non sono isolate: in tutto il Paese si sono tenute manifestazioni contro l’accordo. Come riporta il Times of Israel, durante gli scontri almeno tre manifestanti sono stati arrestati dalla polizia israeliana con le accuse di disturbo dell’ordine pubblico e danneggiamento di veicoli in transito. I manifestanti, decisi a non arrendersi, hanno già annunciato nuove proteste nei prossimi giorni.