Di Giovanna Tomaselli
Nessuno la chiama con la parola che merita, ma quella in Ucraina è una guerra. E come tutte le guerre ha il suo carico di morti sia tra i belligeranti che tra i civili. Vittime innocenti come i passeggeri dell’aereo partito da Amsterdam e abbattuto da un missile ad oggi non si sa ancora con certezza lanciato da chi. O altre vittime incolpevoli, come i rifugiati che ieri scappavano da Lugansk su un autobus centrato da un razzo sulla strada tra Khriaschuvate e Novosvitlivka. Molti i morti, comprese donne e bambini. Chi è stato a fare fuoco? I filorussi o i soldati regolari di Kiev? Come sempre dopo queste assurde tragedie è tutto un rimpallo di responsabilità.
“La forza dell’esplosione è stata così potente che le persone sono bruciate vive all’interno del veicolo” ha affermato il portavoce dell’esercito ucraino Anatoly Proshin. Un orrore in un Paese alle porte dell’Europa sempre più avviato verso un’escalation di violenza che così inevitabilmente porterà all’intervento armato russo. Di motivi per far esplodere tutto ormai non ne mancano. L’ultimo, forse uno dei più gravi, appena venerdì scorso quando il presidente Poroshenko aveva annunciato che tank russi sconfinati in territorio ucraino erano stati colpiti dall’esercito dell’ex repubblica sovietica, notizia che tuttavia non ha trovato riscontri.
Mentre sul terreno la guerra dunque va avanti, le diplomazie continuano a discutere a Berlino. Attorno al tavolo siedono i rappresentanti di Ucraina, Russia, Francia e Germania. Colloqui che per ora non sono riusciti neppure a sbloccare il convoglio di aiuti umanitari fermi da giovedì scorso nella località di Kamensk-Shakhtinsky, a 30 chilometri dal confine ucraino. Per il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ci sono però progressi sulla consegna degli aiuti umanitari, ma nessun passo avanti verso il cessate il fuoco incondizionato. Colloqui che in ogni caso restano in piedi, con l’effetto se non altro di tranquillizare le Borse europee che ieri anche per questo hanno chiuso in rialzo.