L’ipocrisia sull’unità del governo: da Kiev in giù si litiga su tutto

Il vertice tra Meloni, i suoi vicepremier e Lupi è un bluff. Una gaffe di Salvini svela le divisioni sulla politica estera (e non solo).

L’ipocrisia sull’unità del governo: da Kiev in giù si litiga su tutto

Che fosse il solito vertice fuffa, questo giornale lo aveva pienamente anticipato. Che l’incontro tra Giorgia Meloni, i suoi due vicepremier, Matteo Salvini (Lega) e Antonio Tajani (Forza Italia), e Maurizio Lupi (Noi moderati), si concludesse con richiami all’unità e alla compattezza di una maggioranza, i cui partiti quest’estate – dall’Autonomia ai diritti – se le sono date di santa ragione, era anche ampiamente prevedibile.

Ma una gaffe della Lega, che mette a nudo le divisioni dei partiti di governo sulla politica estera (e non solo) squarcia il velo dell’ipocrisia sull’unità. “I leader hanno rinnovato il patto di coalizione, garanzia di efficacia e concretezza dell’azione di governo”, recita la nota congiunta del centrodestra diffusa dopo il vertice.

E ancora: “È stata ribadita l’unità della coalizione e sono determinati a continuare il lavoro avviato per tutta la legislatura, portando a compimento le riforme messe in cantiere e attuando il programma votato dai cittadini. Anche per questo la prossima legge di bilancio, come le precedenti, sarà seria ed equilibrata”.

Insomma “totale sintonia su tutti i dossier, a partire dalla politica estera”. E su quest’ultimo punto casca l’asino.

La gaffe della Lega svela le divisioni nella maggioranza sul vertice

Infatti, se “a partire dalla politica estera” si registra uno svarione della Lega, se ne deduce che anche sugli altri dossier – dalla Rai ai balneari fino alla Manovra – tutta questa sintonia e questa convergenza che vogliono far credere non ci siano affatto.

Soddisfazione, conclude la nota, “per la rinnovata autorevolezza e affidabilità dell’Italia nello scenario globale, come ribadito anche dal successo della presidenza italiana del G7, e condivisione sulla crisi in Medio Oriente e sulla posizione del Governo italiano relativamente alla guerra in Ucraina”. Questa la nota diffusa da Palazzo Chigi, insomma.

Ma il comunicato trasmesso “per errore” dalla Lega aggiungeva sulla posizione dell’Italia sul conflitto in Ucraina una postilla, ovvero: “Appoggio a Kiev ma contrari a ogni ipotesi di interventi militari fuori dai confini ucraini”.

Il Carroccio ha spiegato di aver diffuso “per la fretta una versione del comunicato che poi è stata modificata. Non era una modifica di contenuto”. “Non c’è nessun tipo di scontro”, hanno precisato dall’ufficio stampa del partito di Salvini, perché per la maggioranza e il governo contano le dichiarazioni rese da Tajani, secondo cui “l’uso delle armi italiane può avvenire solo all’interno dell’Ucraina”.

Interviene anche Salvini: “Il testo (inviato per errore ma subito corretto) è stato modificato in pieno accordo con tutti gli altri leader solo per scelta stilistica e non di contenuto. Si tratta di un semplice errore, non c’è alcun problema ‘o caso’ nella maggioranza, abbiamo ribadito la linea del governo che la Lega ha sempre sostenuto”.

Ma a noi, quella del partito di via Bellerio, pare una puntualizzazione che conferma invece che sulla guerra Salvini vuole smarcarsi dalla deriva bellicista cui spesso si è abbandonato il governo, in particolar modo Fratelli d’Italia.

Meloni si rivende le solite balle sull’occupazione e l’Italia che cresce

Per il resto Meloni si è rivenduta nel Consiglio dei ministri, successivo al vertice, le solite balle sull’Italia che cresce più di altre nazioni europee – ma forse si riferisce alla sola Germania la cui economia è totalmente ferma –, su un mercato del lavoro che macina record quando invece l’occupazione è precaria e con paghe da fame e la disoccupazione scende perché aumenta il numero di quanti non hanno un impiego e nemmeno lo cercano (gli inattivi).

Se qualcuno vuole far saltare l’assegno unico per i figli, ribadisce Meloni, non siamo noi ma qualche “zelante funzionario europeo che ha aperto una procedura di infrazione”. Sì, come no.

La verità è che il governo è a caccia disperata di risorse per la Manovra e non esclude tagli su ogni voce di bilancio. A partire dalle pensioni, care alla Lega.

L’unico punto su cui i partiti si sono trovati d’accordo – ma manco questo è vero – è sull’indicazione del ministro Raffaele Fitto, a cui Meloni aveva affidato la regia del Pnrr, come commissario europeo.

Sappiamo anche qui che Salvini non ha mai amato Fitto e che gli avrebbe preferito qualche altro nome. Peraltro, speriamo che con Fitto a Bruxelles – si parla di delega su Pnrr e coesione – vada tutto bene.

Secondo l’ultima relazione del governo, presentata a luglio, abbiamo appreso che a fine giugno sono stati spesi 51,4 miliardi del Pnrr. Meno di metà dei soldi ricevuti finora dalla Ue, ovvero 113,5 miliardi. Ma anche qui Meloni in Cdm ha venduto fumo, ricordando i miliardi ricevuti ma non quelli non spesi.