“Io spiato con il trojan Paragon nel silenzio del governo e dell’Agenzia per la Cybersecurity”. Parla il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato

Per il direttore di FanPage, Cancellato, l'opinione pubblica dovrebbe "sussultare a difesa di una stampa libera"

“Io spiato con il trojan Paragon  nel silenzio del governo e dell’Agenzia per la Cybersecurity”. Parla il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato

Partiamo dallo scorso 31 Gennaio quando whatsapp ti informa dell’interruzione avvenuta a dicembre, solo un mese prima dunque, delle attività di una società di spyware che hanno attaccato il tuo dispositivo. Che impatto ha avuto questa vicenda sulla tua vita?
“Sto cercando di operare una sorta di astrazione dal mio caso, quasi come se non fosse accaduto a me, in modo da ricondurre il tutto alla sua dimensione macroscopica e oggettiva salvaguardando l’approccio giornalistico. È molto complicato, le ricadute personali sono molteplici e rendono la situazione più pesante di quanto immaginassi”.

Quale è stata la portata di questo attacco? E, se possibile sapere, che tipo di materiale è stato prelevato o spiato nel tuo telefono?
“Non conosco l’entità dell’attacco, so solo di essere stato attaccato. Qualcuno è entrato in “casa mia”, non so quanto tempo ci sia stato, o cosa abbia preso, così come non conosco l’uso che può aver fatto di ciò che ha preso. Ignoto resta anche il mandante. La cosa certa è che lui era lì, mentre io ero lì. Ed è un’operazione per la quale non è servito nemmeno aprire la porta, trattandosi di un attacco a “zero click”. Ha usato tranquillamente le chiavi. È complicatissimo una volta in cui uno spyware ha fatto diversi backup e inviato a dei server i file ricostruire i vari passaggi”.

Ti sei chiesto come mai anche tu figuri tra gli oltre 90 giornalisti e attivisti spiati?
“Un governo ha certamente usato lo spyware, il cui fornitore è l’azienda israeliana, per spiarmi in quanto giornalista. I clienti di Paragon sono i governi e la mia vita personale e privata è estremamente noiosa. Sono stato bersaglio di questo spionaggio perché un governo era interessato alle mie attività in qualità di Direttore di Fanpage. Non posso dire quale sia il governo, così come non posso sapere in che mani sia finito eventualmente questo materiale. Potrebbe anche essere avvenuta una perdita di controllo governativo, per cui lo strumento è stato utilizzato da terzi senza che vi fosse alcuna autorizzazione”.

Ti riferisci alle varie polizie? Ai servizi?
“Le polizie italiane sostengono di non avere in uso questo strumento. A livello di servizi, quello che apprendiamo visto che sono audizioni secretate, è che AISE e AISI hanno in uso questo strumento e che è stato autorizzato nel caso di Mediterranea per spiare Casarini e Caccia previa autorizzazione. E, per il momento, io non risulto essere stato spiato dai servizi”.

Come commenti l’autorizzazione all’uso di Paragon nel caso Mediterranea?
È come se fosse stato usato un “missile ipersonico” in modo preliminare, senza che vi fosse alcuna indagine della magistratura. Non c’è nulla, a quanto mi è parso di capire, che potesse giustificare questo uso. Se tutto questo è legittimo, o appare legittimo all’opinione pubblica, c’è da riflettere. Io certamente trovo grave, molto grave, che questa attività sia stata rivendicata passando di fatto “in cavalleria”. Apre la possibilità che chiunque, al netto dei soggetti tutelati, possa essere spiato con un’arma che dovrebbe essere utilizzata per ragioni di sicurezza nazionale come terroristi e trafficanti di droga, ad esempio”.

Uso politico dei servizi contro Mediterranea?
“Sempre nel caso di Mediterranea, a me viene dubbio che ci sia stato un uso politico dello strumento. Anche se si è agito entro il perimetro della legge. Il dubbio nasce dall’uso che appare drammaticamente estensivo di un’arma che dovrebbe essere usata con parsimonia. Quando dico “arma” non uso un termine a caso. Trattasi di una autentica arma d’offesa”.

La tua denuncia, ma anche quella di Casarini, Caccia e FSNI: sono cinque le procure che indagano. Sei stato informato dell’iscrizione di qualcuno nel registro degli indagati?
Che io sappia, la mia resta una denuncia contro ignoti e nessuno mi ha chiamato dopo che è successa questa cosa. Colleghi certamente sì, ma anche la politica di opposizione si è attivata. Matteo Renzi sta facendo un gran lavoro su questa cosa, il M5S ha fatto numerose interrogazioni, il PD e AVS hanno organizzato dei momenti anche a Strasburgo. Sento di ringraziare ognuno di loro. Il Governo non si è fatto sentire, così come l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (e pensare che avrebbe dovuto indagare sul caso!). Non ho sentito nemmeno i ministri interessati”.

Cosa ne ricavi?
“Ho l’impressione che vogliano dire “non siamo stati noi”, anziché  far prevalere la  volontà di capire chi sia stato a spiare un giornalista in Italia con un’arma d’offesa di quel tipo. Ma capisco anche l’imbarazzo in cui si trova il governo, perché a essere spiato è il Direttore del giornale che ha coordinato l’inchiesta sulla gioventù meloniana”.

Cosa ti saresti aspettato dal governo?
“Un po’ di solidarietà e vicinanza in più da quelli che, sedendo ai banchi del governo, sono anche i miei rappresentanti politici in quanto cittadino italiano. Lo dico con rispetto, non come atto di accusa. A volte ho la sensazione che se al mio posto ci fosse stato un giornalista di area di cdx, l’attenzione per questo caso sarebbe stata diversa, forse perché non ci sarebbe stata la necessità di “discolparsi”.”

Qualche giorno fa al Parlamento europeo Ranucci ha dichiarato di avere la certezza che Fazzolari abbia attivato i servizi segreti per informarsi su di lui. Fazzolari, oltre ad annunciare querela, risponde con un: “sei ininfluente”.
“Solidarietà a Sigfrido Ranucci, ma non mi sento di commentare le sue affermazioni, perché non so nulla del suo caso. Quando è scoppiato il caso Paragon, Donzelli ha detto: “Solidarietà al Direttore di Fanpage che ha spiato i giovani di Gioventù meloniana” facendo un paragone tra un’attività giornalistica legittima e una attività di spionaggio illegittimo, mentre Carlo Fidanza ha detto che abbiamo idee della deontologia giornalistica diverse”.

La libertà di espressione e la tutela della privacy sono a rischio in Italia?
“Torniamo all’utile metafora della casa: se qualcuno ha le chiavi ed entra nel tuo spazio quando e come vuole, senza che tu lo sappia, inizi ad essere attento a quello che fai in quello spazio e – di fatto – non ti senti più libero. Traslato nel mondo giornalistico può voler dire non assumersi più dei rischi, a detrimento proprio della libera espressione. Il caso Paragon dovrebbe far sussultare l’opinione pubblica a difesa di una stampa libera che non sia assoggetta al potere e che, ad esempio, non sia tenuta a svelare le sue fonti e potendo rivendicare il suo ruolo di cane da guardia del potere e dei suoi abusi. Precisando che questa funzione deve essere costante e non condizionata dal colore partitico che è al potere. A tutto questo, non si può rispondere con un’alzata di spalle”.

A che punto siamo in Italia sulla regolamentazione dell’uso dello spyware?
“Quando è stata promulgata la Legge 124 non credo esistesse uno spyware “zero click” in grado di “bucarti” il telefono così da accedere in ogni meandro della vita di qualcuno. Al netto dei soggetti già normativamente tutelati, prevederei tutele ulteriori derivanti dall’uso di questi strumenti. Uso che oggi è disciplinato unicamente da contratti di diritto privato! Ed è chiaro che non possa essere un contratto di diritto privato a stabilire se un giornalista (o chiunque altro) sia da spiare, o meno. È come se acquistassimo forniture di bazooka e non sparassimo indiscriminatamente per strada solo perché a prevederlo è un’intesa siglata con un’azienda privata e non lo Stato!  Quindi sì, c’è vuoto normativo da colmare con urgenza”.