Di vaccino in vaccino. Chi più ne ha, più ne metta. La Pfizer tenta di ricucire i rapporti annunciando che dalla prossima settimana le forniture torneranno regolari. Astrazeneca, il siero inizialmente più quotato, riceve il parere dell’Agenzia europea del farmaco (Ema): efficacia al 60 per cento, ma chi si ammala non ha sintomi gravi. L’autorizzazione, invece, da parte dell’Ema dovrebbe arrivare entro venerdì. Marco Cavaleri, responsabile vaccini dell’Ema: “Non ci saranno distinzioni di età” per l’uso del prodotto, “anche se poi saranno le singole autorità sanitarie degli Stati a decidere per quali fasce di popolazione utilizzare quel vaccino”.
“Sebbene i dati sugli anziani non siano abbastanza – aggiunge Cavaleri -, si ritiene che comunque anche per loro ci sia un buon rapporto rischi-benefici. Chiariremo però certamente nel sommario del prodotto che ci sono poche informazioni, che l’efficacia non è stata stabilita propriamente per la popolazione più anziana. Ma è possibile estrapolarla grazie a ciò che vediamo negli adulti. Non riteniamo che vi siano le condizioni per dire che il rapporto rischio-beneficio per gli anziani sia negativo, però che i dati sugli anziani siano limitati è indubbio. Lo comunichiamo in modo trasparente, poi decidono i singoli Governi”.
Un vaccino per essere approvato ha bisogno del 50 per cento di efficacia e quindi il 60 per cento è sufficiente: “Anche perché noi guardiamo al rapporto rischi-benefici, non facciamo confronti con altri prodotti. Inoltre, se gli altri vaccini non sono disponibili per tutti, non possiamo bloccare questo” spiega Cavaleri. Che spiega anche che ci sono solo dati preliminari sui vaccinati che possono trasmettere comunque il virus e “non sono molto positivi. Questo vaccino non avrebbe una grande capacità di bloccare l’infezione. L’elemento importante, che invece è incoraggiante, è che a fronte di una efficacia del 60 per cento, anche tra chi si è ammalato i sintomi non sono stati gravi. E un vaccino che previene la malattia grave ci aiuterà a limitare i ricoveri”.
Ormai, comunque, anche per il vaccino Astrazeneca si punta sulla formula dose intera alla prima somministrazione e dose intera alla seconda, non a quella che aveva dato una risposta apparentemente migliore e cioè mezza dose-dose intera. “Sì. La seconda formula – chiarisce il dirigente Ema – derivava da un errore nella sperimentazione e anche l’azienda ormai l’ha abbandonata. Non c’erano abbastanza dati”. In questi giorni si guarda con preoccupazione alle varianti del virus con il timore che gli attuali vaccini non siano efficaci.
“Non abbiamo ancora quei dati, li stiamo aspettando. Il vaccino di Astrazeneca ha una componente di immunità cellulare importante, potrebbe mantenere una protezione buona anche sulla variante – ipotizza l’esperto –. Ma servono riscontri sul campo, lo vedremo durante le campagne vaccinali. Più che sulla variante inglese, ci servono conferme sulla brasiliana e sulla sudafricana”. Proprio ieri sono stati riscontrati casi di variante brasiliana in Abruzzo. E il vaccino russo e cinese? “Siamo all’inizio – puntualizza Cavaleri – Non siamo alla rolling review. La compagnia russa che produce Spuntik 5 ci ha inviato i primi dati, ci sono ancora diversi punti da chiarire. Nella migliore delle ipotesi tra 2 mesi potrà iniziare la rolling review, ma le incognite sono numerose. Lo stesso tipo di confronto è cominciato con Sinovac, cinese. Se i dati saranno convincenti e la produzione è compatibile con i nostri standard, non ci saranno preclusioni”.
Si avvicina infine il vaccino di Janssen (Johnson&Johnson) la cui fase 3 è iniziata a metà novembre. “Stanno marciando molto speditamente. L’approvazione potrebbe avvenire tra fine febbraio e inizio marzo”. C’è poi il siero italiano. Con i ritardi annunciati nelle consegne di dosi, sia da parte di Pfizer sia di Astrazeneca, il programma di sviluppo del vaccino italiano registra finalmente un’accelerazione. È arrivato il via libera all’accordo di sviluppo Invitalia-Reithera. Il cda di Invitalia, guidato da Domenico Arcuri (nella foto), ha approvato il contratto presentato da Reithera che finanzia un investimento industriale e di ricerca da 81 milioni di euro.
“Gran parte dell’investimento, 69,3 milioni, sarà destinato alle attività di ricerca e sviluppo per la validazione e produzione del vaccino anti-Covid. La restante quota (11,7 milioni) sarà utilizzata per ampliare lo stabilimento di Castel Romano (Roma), dove sarà prodotto l’antidoto – si legge nella nota di Invitalia. – Le agevolazioni concesse, in conformità alle norme sugli aiuti di Stato, ammontano a circa 49 milioni di euro: 41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni di finanziamento agevolato”. Ora partirà la preparazione della fase 2, nel giro di due settimane sarà conclusa e potranno partire i test. Se tutto procederà speditamente a giugno potrebbe essere presentata la richiesta di autorizzazione.