Quello di Anna Scala è stato l’ultimo dei femminicidi di quest’anno. Sono stati 71 nei primi sette mesi del 2023. Sale il conto atroce della mattanza sempre più spesso consumata dal partner o dall’ex compagno. Ne abbiamo parlato con Flaminia Saccà, sociologa de La Sapienza di Roma, presidente dell’Osservatorio Step, che fa ricerca e informazione su come i media rappresentano la violenza maschile sulle donne e che di recente ha siglato una convenzione con Fnsi, Usigrai, Ordine dei giornalisti e Giulia.
Professoressa come si spiega quest’escalation?
“Io non se è un’escalation, mi sembra, guardando i dati che ci sia una costante, sono sempre tanti e trasversali i femminicidi. Non c’è la consolazione di dire che sono casi isolati o in zone arretrate. Ma vanno da Nord a Sud e riguardano tutte le classi sociali. Quello che è importate ricordare è che la violenza contro le donne si inserisce in una cultura patriarcale che ancora in qualche modo tende ad attenuare tali crimini e a non trattarli alla stregua di tutti gli altri. Abbiamo analizzato 16.715 articoli su tutti i quotidiani e non abbiamo rilevato grandissime differenze. Quello che abbiamo registrato è che c’è una certa tendenza a ripartire le responsabilità di questi crimini tra uomini e donne. Anche quando c’è premeditazione fredda e organizzazione dietro i femminicidi. Ma questo non emerge dal racconto sulla stampa e neanche spesso dalle sentenze dei tribunali”.
Molte vittime avevano denunciato i propri compagni o ex compagni.
“Oltre a delle buone pratiche, che noi abbiamo pure registrato, sono diffuse delle cattive pratiche. E credo ci sia bisogno di tantissima formazione in merito per Forze dell’Ordine e magistrati”.
In Italia esiste già dal 2019 una legge contro la violenza sulle donne, chiamata “Codice rosso”.
“L’Italia è dotata in molti casi di ottime leggi, in questo caso si possono anche integrare e migliorare. Ma credo che oltre alle leggi sia importante insegnare ad applicarle come si deve. Quando dico che c’è bisogno di fare formazione intendo dire che le leggi spesso non sono conosciute fino in fondo, non sono applicate fino in fondo. Ecco perché serve una formazione specifica in merito. Sarebbe importante che le Forze dell’Ordine ma anche i magistrati che si occupano di violenza sulle donne facessero un percorso di formazione ad hoc. Bisognerebbe arrivare a una specializzazione”.
A giugno il governo ha varato un disegno di legge che introduce nuove norme sul contrasto alla violenza sulle donne.
“Tutto utile per carità, ci sono ancora tanti aspetti che si possono ancora normare e migliorare. Ma credo che più che farsi prendere da una furia legislativa sia importantissimo fare applicare le leggi che già ci sono. Fare formazione per capire come prendere la denuncia che arriva alle Forze dell’ordine. E credo ci sia la necessità di applicare con maggiore frequenza lo strumento del braccialetto elettronico. Per capire come tenere più sotto controllo uno stalker. Magari non servono nuove leggi ma rafforzare gli strumenti che già ci sono”.
I femminicidi sono un fenomeno sempre esistito o un fenomeno contemporaneo?
“Adesso se ne parla di più. Non vedo picchi recenti ma mi sembrano costanti i dati. In passato c’era una tolleranza maggiore e anche una gestione culturale, oltre che giuridica, diversa del caso femminicidio. C’era il delitto d’onore, per esempio. Prima non si denunciava il femminicidio come il tipo di un comportamento aberrante estremo e inaccettabile, veniva ricompreso, anche dalla giurisdizione, nell’ambito di una serie di comportamenti in qualche modo giustificabili e comprensibili con necessario corollario di attenuanti. Oggi queste attenuanti, dal punto di vista formale e giuridico, sono venute meno ma le riscontriamo ancora nella cultura diffusa. Nella stampa, come ho detto prima, il racconto dei femminicidi si accompagna spesso alla ricerca di una giustificazione. Da sociologa non posso fare a meno di notare che lo stigma sociale spesso anche sui media viene meno nei confronti di questi crimini”.
Da parte delle donne è cresciuta, secondo lei, la consapevolezza sulla violenza perpetrata dagli uomini ai loro danni?
“C’è una maggiore propensione a denunciare. La stampa può sensibilizzare in questo senso. Poi c’è bisogno di più strumenti come più fondi per i centri anti-violenza e più fondi per la formazione per magistrati e Forze dell’Ordine. Serve, cioè, un lavoro complementare rispetto alle leggi”.