E’ bastata una telefonata tra i vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, per uscire dallo stallo e trovare l’intesa sul decreto Crescita e sullo Sblocca-cantieri che fino a qualche ora fa sembrava ancora in discussione. Un accordo raggiunto dopo una “lunga e cordiale” conversazione, avvenuta in mattinata e che i due leader della maggioranza, e poi il premier Giuseppe Conte, hanno valutato positivamente. “Il ritorno al dialogo è una buona premessa – affermano fonti di palazzo Chigi – proprio come auspicato nel discorso del premier per procedere nella giusta direzione”.
A spiegare nel dettaglio cosa sia cambiato e come sia stato possibile raggiungere un accordo su una partita così delicata come la norma inserita nello Sblocca-cantieri e relativa al Codice degli Appalti, è stato lo stesso Luigi Di Maio: “L’accordo – ha spiegato il vicepremier pentastellato – sospende solo norme che già erano inattuate, come ad esempio, l’Albo unico sulle imprese, che non era stato costituito e si chiedeva ai Comuni di nominare i commissari delle commissioni valutatrici da un Albo che non esisteva. Quindi si tratta di una serie di interventi di buon senso”.
A detta del leader del Movimento, dunque, nessun passo indietro o resa ai desiderata di Matteo Salvini come invece ritengono le opposizioni (da destra a sinistra), ma semplicemente un ragionamento di buon senso. Una linea confermata anche dal capogruppo dei Cinque stelle al Senato, Stefano Patuanelli: “Non c’è da intestarsi vittoria o sconfitta: sullo Sblocca-cantieri ha prevalso l’aspetto tecnico, facendo lavoro complesso di sulle procedure, velocizzando ma rispettando garanzie e controlli”.
COSA SALTA E COSA NO. Nel dettaglio, saranno solo tre, rispetto alle cinque contenute attualmente nel testo, le norme del Codice appalti che saranno sospese per due anni, come ha spiegato ai cronisti lo stesso Patuanelli, al termine della capigruppo parlando dell’emendamento atteso al dl Sblocca-cantieri. Nello specifico, le norme che risulterebbero sospese sono: l’obbligo per i Comuni di fare gare attraverso le stazioni appaltanti (rimarrà solo la facoltà); l’obbligo di scegliere i commissari di gara tra gli esperti iscritti all’albo Anac (che, come detto da Di Maio, non è mai stato realizzato); lo stop all’appalto integrato, che quindi sarà possibile fino al 2020. Rimarrà, invece, il limite ai subappalti e l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta per le gare sopra soglia comunitaria.
Non solo: “La soglia per i subappalti resta al 40%” e “per le offerte economicamente vantaggiose rimane il 30% del limite del prezzo”, ha specificato Patuanelli. Tanto basta per capire come il rischio di infiltrazioni o di altre ruberie sarebbe fortemente limitato dalle soglie che rimangono e sulle quali sono stati i Cinque stelle a porre limiti chiari al pressing di Matto Salvini e della compagine leghista. L’unico dubbio che resta ora da dirimere è quello, concreto, sul testo. Fino a ieri, al di là delle parole, non era ancora stato depositato in Senato il testo che recepisce l’accordo raggiunto tra M5s e Lega sulle modifiche al Codice degli appalti. La commissione Bilancio, chiamata a dare i parerei sugli ultimi emendamenti al decreto Sblocca cantieri, è stata pertanto riconvocata oggi già dalle 8,30 di mattina.
GRANA AUTOSTRADE. Ma le novità non finiscono qui. Dopo le polemiche soprattutto di Confindustria e relativa a una norma contenuta nello Sblocca-cantieri e relativa alla revoca sulle concessioni autostradali, fortemente voluta dal ministro alle Infrastrutture, Danilo Toninelli. Secondo quanto si apprende da fonti ministeriali, il cosiddetto “scudo” per i funzionari pubblici che firmano l’eventuale cessazione anticipata del rapporto di concessione (previsto sin da subito dalla norma) passerebbe ora per il visto e per la registrazione della Corte dei Conti. Nella precedente formulazione il vaglio che escludeva la colpa grave del dirigente spettava invece all’Avvocatura generale dello Stato.
In questo modo ci sarebbe anche una maggiore garanzia che della revoca non ci sia potenziale abuso. Ma nella giornata di ieri a esprimere piena soddisfazione è stato anche il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti. Perché tra gli altri emendamenti che saranno presentati oggi ci sarà anche uno sponsorizzato direttamente dal ministro che consentirà acquisti di materiali, strumentazioni e servizi più semplici, rapidi e con la possibilità di scegliere nel libero mercato le opzioni migliori per chi fa ricerca nelle università e nelle scuole statali. L’obiettivo rimane, dunque, per tutti lo stesso: velocizzare le pratiche evitando la mole di scartoffie.
Dopo l’intesa raggiunta sullo Slocca-cantieri, il nuovo fronte caldo è il decreto Crescita, soprattutto visti i tempi molto risicati per giungere alla conversione in legge del dl. La quadra, però, potrebbe essere molto più vicina di quanto si pensi. Come si sa il provvedimento, all’esame delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, aveva diviso i due azionisti della maggioranza su alcune delicate questioni contenute nel decreto: dal salvataggio di Alitalia a quello di alcune banche in crisi (a cominciare da Carige) fino, soprattutto, al salva-Roma, la misura che di fatto scongiura il rischio default della Capitale.
La norma – ricorderà qualcuno – era prima entrata e poi uscita dal decreto legge quando fu approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 23 aprile. Il Carroccio aveva fatto muro e Matteo Salvini in testa si disse contrario a varare delle norme che avrebbero aiutato una sola città. Ma è proprio su questo punto che la partita si sarebbe sbloccata: dopo un’intensa riunione tra Lega e Cinque stelle tenutasi il Governo dovrebbe presentare un pacchetto di emendamenti in commissione e l’accordo sul salva Roma potrebbe comprendere una serie di misure in grado di aiutare tutti i comuni con difficoltà finanziarie.
Accordo raggiunto, dunque, anche grazie al lavoro certosino del viceministro all’Economia Laura Castelli e del sottosegretario all’Interno Stefano Candiani. La volontà del Governo, hanno spiegato alcuni parlamnetari M5S intrattenendosi con i giornalisti, è “ridurre i debiti delle grandi città che sono il motore economico dell’Italia”. Piena convergenza con la linea leghista, dunque, senza però abbandonare i delicati problemi di Virginia Raggi. Queste le buone intenzioni. Vedremo ora se si riuscirà a tradurle in emendamenti che dovrebbero essere presentati oggi.
RITMO SERRATO. Altro snodo fondamentale potrebbe essere quello di Carige. La proposta della Lega per Carige, che era stata presentata come emendamento al dl Crescita, potrebbe essere ripresentata con una riformulazione da parte del Governo. L’emendamento originario puntava a permettere la trasformazione delle Dta (attività per imposte anticipate) in credito d’imposta in caso di aggregazioni bancarie, effettuate fino al 2020. La proposta mira a sostenere il possibile rafforzamento del patrimonio di istituti in crisi che vanno verso aggregazioni, come ad esempio Carige, e potrebbe riguardare anche la Popolare di Bari.
Ma era sorto il problema dell’eventuale aiuto di Stato che sarebbe stato condannato dalla Commissione europea. Da qui la necessità di riformulare il provvedimento. Si lotta ora contro il tempo. Anche perché nella giornata di domani è atteso, come detto, il pacchetto di emendamenti presentati dal Governo. Per poi arrivare alla presentazione del testo in Aula giovedì. A questo punto, considerando che entro il 29 giugno il decreto dev’essere convertito (pena la sua decadenza) è certo che il Governo venerdì chiederà la fiducia, che poi sarà votata sabato, prima che il testo approdi al Senato.