L’applicazione della Legge 194 in Lombardia “presenta ancora carenze e disomogeneità nell’accesso alle prestazioni” e “la presenza dei Centri aiuto alla vita (Cav) nei consultori mette a rischio la libertà di scelta delle donne e mette in difficoltà il personale dei presidi territoriali”. A dirlo la consigliera regionale del Pd Paola Bocci, che ieri, insieme al capogruppo al Pirellone Pierfrancesco Majorino, ha presentato i dati del decimo monitoraggio annuale sull’applicazione della Legge 194 in regione, realizzato dai dem. In Lombardia nel 2023 le interruzioni volontarie di gravidanza sono state in totale 11.147, in calo rispetto al periodo pre-Covid (2019) e allineate al 2022. Per quanto riguarda la somministrazione della pillola RU486 ci sono ancora differenze sensibili tra province e presidi ospedalieri e, seppure in aumento nel 2023, sono circa il 49% delle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) totali.
Niente RU486 in 11 strutture su 50
“Sono ancora 11 le strutture pubbliche su 50 in Lombardia che non offrono la possibilità di Ivg con RU486”, ha spiegato Bocci. Lodi è ancora la provincia con la percentuale più alta di RU486 con il 78%, Brescia, Cremona, Milano Città, Monza e Brianza, Sondrio, Como sono sotto il 50%, la provincia di Milano è ultima al 29%.
Circa l’obiezione di coscienza, nel 2023, in Lombardia, sono 50 su 62 le strutture pubbliche che erogano la prestazione, con il fenomeno che ha ancora punte di oltre il 70% in provincia di Bergamo, e oltre in singoli presidi ospedalieri. La media generale è del 53% circa, mentre il 64% delle strutture ha un’obiezione superiore al 50%.
“Nonostante qualche piccolo passo avanti, grazie anche al nostro lavoro di monitoraggio e segnalazione delle situazioni critiche, la situazione presenta ancora carenze e disomogeneità anche gravi nell’accesso alle prestazioni e nella possibilità di decidere la procedura. Con un pericolo imminente: la presenza dei pro-vita nei consultori pubblici che rischiano di interferire pesantemente sul lavoro degli operatori e ostacolare e limitare la libertà di scelta delle donne. Per questo raccoglieremo segnalazioni su eventuali problemi che si dovessero presentare”, è la sintesi degli interventi di Bocci e Majorino.
“Lombardia emblema dello sfascio della sanità”
“La nostra segretaria Elly Schlein, in piazza a Milano, ha detto che il Governo Meloni sulla sanità non ha fatto nulla, se non sostenere e aiutare i pro-vita. Regione Lombardia rischia di diventare il racconto di tutto questo. E lo dicono i fatti: zero iniziative per il servizio sociosanitario lombardo, per affrontare il tema delle liste d’attesa, per sostenere lo sviluppo della sanità pubblica. A parte qualche viaggio esotico dell’assessore Bertolaso. Al contrario, stiamo assistendo a un’apertura di credito significativa verso i pro-vita che si è già manifestata con una recente mozione in Consiglio regionale”.
“La Regione dovrebbe monitorare, avere tutto sotto controllo e intervenire come istituzione per garantire il diritto al servizio dovunque, dando direttive chiare e cogenti alle Asst, sia per assicurare alle donne lombarde l’Ivg in tutti i suoi presidi, anche in caso di obiezione al 100%, sia per riequilibrare le prestazioni tra il personale, rispettando la multidisciplinarietà della professione. Inoltre, Regione deve formalmente richiedere alle aziende sanitarie che entrambe le prestazioni siano erogate in tutte le strutture ospedaliere pubbliche, incentivando l’utilizzo della RU486, e potenziare i consultori pubblici, affinché l’erogazione della terapia farmacologica avvenga anche in questi presidi territoriali”, ha concluso Bocci, ribadendo “la necessità che i contraccettivi post Ivg, ma non solo, siano offerti gratuitamente a chi ne fa richiesta, in particolare a minorenni e fragili”.