di Vittoria Princi
Internet non è una terra di nessuno, la calunnia non è un venticello, chi insulta ne paga le conseguenze. Assunti chiari al limite dell’ovvietà. Eppure, se chi insulta rimane anonimo, paga il proprietario dello spazio virtuale su cui gli utenti vergano parole offensive.
Questa, pare, la morale della recente sentenza del tribunale di Varese che, il 22 febbraio, ha condannato la 21enne fondatrice di un forum online su libri ed editoria; il reato contestato, diffamazione non aggravata a mezzo stampa.
Gli editori
Il sito, Writer’s Dream, da anni porta avanti una campagna d’informazione contro gli editori a pagamento, accusati di lucrare sui sogni degli aspiranti scrittori facendo loro sborsare somme esorbitanti (un contratto a buon mercato sfora facilmente i 2000 euro) per stampare copie che ricevono una scarsissima cura editoriale, ancora più scarsa distribuzione e una pessima nomea presso gli addetti ai lavori delle librerie e delle case editrici non a pagamento, poiché l’unica condizione per la pubblicazione, prescindendo da qualsiasi discorso qualitativo, è che l’autore stacchi l’assegno.
La protesta sul forum
Con queste premesse, è facile immaginare come gli autori riuniti nel forum non si siano mai risparmiati termini come “cloaca editoriale”, “signori della truffa”, “strozzini” e “cosca mafiosa” di fronte ai casi peggiori, oltre a contribuire alla compilazione di liste di editori e concorsi letterari a pagamento, con relative testimonianze degli scrittori esordienti coinvolti. Alcuni di questi commenti, risalenti a un lasso di tempo tra il 2008 e il 2010, sono stati sufficientemente incendiari da indurre il tribunale ad accettare la querela sporta dalla responsabile di una di queste aziende editoriali; nei commenti sul forum, la querelante sarebbe stata definita, tra gli altri epiteti, “urticante peggio di una medusa” e “arpia” e fatta oggetto di fotomontaggi umilianti.
Cosa prevede la norma
Ma la questione è più complessa. Per quanto controllato da moderatori, il forum non è una testata giornalistica, pertanto è privo di un direttore responsabile ai sensi della legge sulla stampa del 1948; la giovane condannata, Ayame in rete, al secolo Linda Rando, era minorenne all’epoca dei fatti, il che, sempre secondo la legge, l’avrebbe comunque privata della possibilità di ricoprire il ruolo di direttore responsabile.
La sentenza
Dal testo della sentenza, non emerge chiaramente la distinzione tra l’omissione di vigilanza della giovane amministratrice e la responsabilità dell’utente che ha postato i commenti infamanti sul forum; il tribunale non ha neanche ritenuto necessario appurare l’identità di costui, benché sia teoricamente possibile a partire da una ricerca dell’indirizzo IP (il numero che identifica la connessione internet).
Linda Rando, nel frattempo, si prepara a ricorrere in appello e dichiara di non avere alcuna intenzione di abbandonare o chiudere il forum, che con i suoi quasi 4000 iscritti è uno dei principali luoghi virtuali d’incontro per gli appassionati di scrittura italiani.