Con un decreto il governo ha commissariato l’Inps e l’Inail, rimuovendo gli attuali vertici, e ha varato la norma che gli consentirà di nominare un nuovo ad alla Rai. Stefano Fassina, economista ed ex viceministro dell’Economia del governo Letta, oggi presidente dell’associazione Patria e Costituzione, che idea si è fatto di questo blitz?
“Innanzitutto, siamo di fronte ad un atto patologico sul piano del metodo e del merito. Nel metodo, perché si ricorre ad un Decreto Legge per commissariarli. Quali sono i requisiti di necessità ed urgenza? Ovviamente, è legittima competenza del governo sostituire vertici dei due istituti, come pure procedere alla presa della Rai, da sempre ahinoi bottino di maggioranza. Ma quale emergenza si è voluta affrontare con il Decreto per commissariare Inps e Inail e fare un norma ad hoc, contra personam, per Viale Mazzini e il teatro San Carlo di Napoli? Su Inps e Inail, perché il governo non ha atteso la scadenza del mandato dei Presidenti, tra l’altro prevista per l’inizio del prossimo anno? Oppure, perché non ha atteso l’approvazione da parte del Parlamento della norma di revisione della governance proposta in Cdm? È sempre più grave l’abuso della decretazione. Nonostante i ripetuti richiami del Presidente Mattarella, il Decreto Legge ed il DPCM sono diventi ordinari strumenti di governo, finanche per l’invio delle armi all’Ucraina. Nel merito, nel caso del Presidente dell’Inps, è difficile non riconoscere un intento punitivo. Si è voluto colpire l’uomo che, prima di diventare Presidente dell’istituto, è stato protagonista del disegno del Reddito di Cittadinanza e del Decreto Dignità, i due provvedimenti che hanno invertito un lungo periodo di ricattabilità e precarizzazione del lavoro. Anche in questa sede, ringrazio il professore Pasquale Tridico: eccellente servitore dello Stato, professionalità e passione straordinaria dalla parte di lavoratrici e lavoratori, ingiustamente attaccato per colpire Giuseppe Conte durante i drammatici mesi dei ristori Covid, quando è riuscito a garantire, insieme al personale Inps, decine di milioni di prestazioni aggiuntive, nonostante lo smart working e il lockdown. Lo ringrazio anche per aver internalizzato, ossia sottratto a precarietà e retribuzioni misere, 3000 persone dei call center Inps. Un atto di giustizia sociale e di miglioramento del servizio pubblico. Sulla Rai, però neanche noi abbiamo la coscienza a posto. Avremmo dovuto fare una riforma per garantirne la necessaria distanza dalla politica”.
Le varie anime dell’esecutivo si sono accapigliate invece sulla nomina del vertice della Guardia di Finanza. Non le sembra l’ennesimo inciampo nel rapporto tra Meloni e Salvini?
“Qui siamo alla fisiologia dei governi di coalizione. Potevano però almeno evitare di trattare come figurine Panini i vertici di due istituzioni cardine della Repubblica”.
Che ne pensa della demolizione del sussidio ai poveri e dell’aver tolto i paletti ai contratti a termine?
“La destra è padronale per natura, quindi rende ancora di più il lavoro una merce come tutte le altre. Nessuna sorpresa. Purtroppo, ha trovato un terreno favorevole: sostanzialmente ripristina il Jobs Act e raggiunge l’obiettivo cercato anche dai sedicenti ‘riformisti’ Renzi e Calenda, i quali raccoglievano le firme per un referendum abrogativo del RdC. Siamo tornati al mondo pre-keynesiano: la povertà e la disoccupazione sono una colpa soggettiva, attenuata soltanto da condizioni di handicap, vecchiaia o figli a carico”.
Del pacchetto lavoro l’intervento spacciato come il più importante è il taglio del cuneo fiscale da circa 4 miliardi.
“È propaganda. Il crollo del potere d’acquisto di lavoratori e lavoratrici è drammatico. È urgente un intervento adeguato. Il vincolo del bilancio pubblico è un dato oggettivo. Ma perché il governo non incide sulla montagna di extra-profitti, decine di miliardi di euro, di imprese energetiche, farmaceutiche, assicurative? Sarebbe sufficiente una frazione di quanto immeritatamente accumulato per fare un’operazione, al tempo stesso, di giustizia sociale minimale e di sostegno alla domanda interna. Se l’inflazione aumenta, mentre le retribuzioni e i redditi di larga parte dei lavoratori autonomi si riducono in termini reali, vuol dire che gli utili di chi può ‘fare i prezzi’ non soltanto tengono, ma si innalzano. Anche qui, si riconosce il segno di classe della destra, abilmente nascosto dietro linguaggi popolari verso i migranti o i condoni fiscali a strascico. Spero che dai gruppi di opposizione arrivi un emendamento unitario per tassare gli extra-profitti così da poter ‘coprire’ l’innalzamento della misura: per triplicarla ed estenderla al 2024. Vediamo se su un siffatto emendamento, coperto, il governo dà parere contrario e se tutta la sua maggioranza lo segue”.
Le famiglie italiane sono sempre più in difficoltà e ormai si taglia anche sui beni alimentari. È quanto emerge dai dati Istat relativi alle vendite al dettaglio di marzo che rimangono stabili come valore ma scendono come quantità. Come si affronta l’emergenza salariale?
“Nell’immediato, con un soccorso fiscale adeguato, finanziato dai prelievi sugli extra-profitti, come indicato. Ma attenzione, le defiscalizzazioni e le decontribuzioni, come i fringe benefit detassati, sottraggono risorse al welfare. Se le entrate perse non vengono sostituite da prelievi su altre fonti di reddito, si va avanti, con complicità finanche inconsapevoli, verso lo “starve the beast” di Thatcher e Reagan, ossia lo Stato sociale minimo”.
Più fringe benefit per i lavoratori con figli. Si vince così il gelo demografico?
“No. È, anche qui, propaganda. C’è, innanzitutto, un’emergenza antropologica da affrontare e anche noi dovremmo riconoscerla non considerarla una fisima della destra. Purtroppo, Pier Paolo Pasolini è stato profetico: è il trionfo dell’indivualismo consumista. Poi, c’è la precarietà del lavoro, i costi per la casa, gli asili nido. Per la prima volta dopo tanti anni, la legge di Bilancio 2023 non prevede un euro per il sostegno agli affitti delle famiglie in difficoltà, mentre si aggrava la precarietà. Sugli asili nido, sarebbe inaccettabile perdere le risorse del PNRR”.