Tra le informazioni interessanti forniteci dal rapporto Italia 2024 dell’Eurispes, presentato venerdì scorso, c’è anche quella relativa alla percezione che gli italiani hanno dell’intelligenza artificiale (IA). Il 65%, ha rilevato l’ente, ne sa poco o nulla. Entrando più nello specifico: solo il 33,9% ha una vaga idea di che cosa sia l’IA e una quota simile (31,9%) afferma di non saperne nulla; solo uno su dieci dichiara di essere molto informato sull’argomento. Eppure, tale fenomeno sta diventando sempre più pervasivo nelle nostre vite e – neanche a dirlo – nel mondo del lavoro: pensiamo a ChatGPT o all’utilizzo di robot nell’ambito sanitario o in quello della logistica.
Solo in Europa, ha calcolato il Centres for European Policy Network (Cep), nel breve periodo sono a rischio 20 milioni di posti. Nel nostro Paese, secondo una ricerca di Forum Pa (Fpa), il 57% dei dipendenti pubblici è “altamente esposto” all’impatto dell’IA: in concreto, parliamo di 1,8 milioni di persone. Ma se per Cep e Fpa ad essere maggiormente in pericolo sarebbero i lavoratori più istruiti, stando a uno studio presentato dal Fondo monetario internazionale alla vigilia dell’ultimo World economic forum di Davos a pagare il prezzo più alto rischiano di essere – al contrario – quelli scarsamente qualificati. Insomma: nessuno sembra al riparo.
Come spesso accade di fronte ai nuovi eventi, la politica sta affannosamente rincorrendo il cambiamento in atto. L’IA Act, che pochi giorni fa ha ricevuto il via libera all’unanimità del Consiglio europeo, inquadra la questione dal punto di vista del rischio: si va da quello “inaccettabile”, ossia quei casi in cui i sistemi di intelligenza artificiale contraddicono i principi fondamentali e i valori europei, a quello “minimo o nullo”. Ma è su come si intende guidare la transizione, per non creare eserciti di nuovi disoccupati e poveri, che aleggia ancora un grosso punto interrogativo. Seppur ignorato, l’allargamento del perimetro degli ammortizzatori sociali “tradizionali” è un tema ineludibile. Non a caso, di recente Geoffrey Hinton, uno dei padri dell’IA, ha proposto l’istituzione di un reddito di base universale.
Prima di lui, la stessa idea era stata lanciata da Mark Zuckerberg ed Elon Musk. Ma il ragionamento di Hinton, avanzato durante un’intervista alla Bbc, si è spinto oltre. Anche se l’IA aumentasse la produttività e la ricchezza, il denaro andrebbe ai ricchi “e non alle persone il cui lavoro andrà perso”: questo “sarà molto dannoso per la società”. “La mia ipotesi – ha ripreso Hinton – è che tra i cinque e i vent’anni a partire da oggi ci sia una probabilità del 50% che dovremo affrontare il problema di una intelligenza artificiale che cercherà di prendere il sopravvento”; tale scenario porterebbe a una “minaccia di estinzione” per gli esseri umani. Uomo avvisato…