Davanti all’avanzare dell’Intelligenza Artificiale, che si appresta a rivoluzionare ogni settore umano, è iniziata la corsa della politica per cercare di normare un settore in continua evoluzione. Su come riuscirci, però, il governo italiano e il Garante per la protezione dei dati personali hanno idee molto divergenti.
Mentre Alessio Butti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio per l’Innovazione, spiega che l’esecutivo intende “indicare le due agenzie che già operano nella Presidenza del Consiglio, Agenzia per l’Italia digitale e Agenzia per la cybersicurezza nazionale” per affidare loro l’incarico di vegliare su questa rivoluzione informatica, il Garante per la Privacy, come scritto dal presidente Pasquale Stanzione in una segnalazione inviata nei giorni scorsi ai Presidenti di Senato e Camera e al Presidente del Consiglio, ritiene che l’autorità di vigilanza debba essere indipendente da Palazzo Chigi e imparziale.
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Lo scontro per normare e controllare l’Ia
“Il Garante per la protezione dei dati personali possiede i requisiti di competenza e indipendenza necessari per attuare il Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale coerentemente con l’obiettivo di un livello elevato di tutela dei diritti fondamentali”, scrive Stanzione.
La recente approvazione dell’AI Act da parte del Parlamento europeo, spiega il Presidente dell’Autorità, “impone agli Stati membri alcune scelte essenziali sulle norme di adeguamento degli ordinamenti interni” e “l’incidenza dell’IA sui diritti suggerisce di attribuirne la competenza ad Autorità caratterizzate da requisiti d’indipendenza stringenti, come le Authority per la Privacy, anche in ragione della stretta interrelazione tra intelligenza artificiale e protezione dati e della competenza già acquisita in materia di processo decisionale automatizzato”.