Fa umana pena vedere un giornalista come Vittorio Feltri, che ebbe anche i suoi momenti di gloria, ridotto al ruolo di anziano insultatore del sud e dei meridionali, come un qualsiasi haterello da social. Feltri ci aveva abituato in un passato recente ad exploit, diciamo così, folcloristici fatti di giochi di parole spesso volgari e pacchiani, ma mai aveva aperto il fuoco con questa vemenza contro il Sud e i meridionali. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la frase pronunciata a Fuori dal Coro (Rete 4): “Io non credo ai complessi di inferiorità io credo che i meridionali in molti casi siano inferiori”.
Il direttore di Libero è stato segnalato sia all’Ordine dei Giornalisti che all’Agcom e ha provocato un coro di proteste generalizzato, tra cui il sindacato Rai dell’Usigrai. Un sindaco l’ha querelato per istigazione all’odio razziale insieme al segretario nazionale del Psi. Carlo Verna, presidente nazionale dell’Ordine, ha dichiarato che gli atti saranno trasmessi in procura. Le edicole del Sud – e non solo – hanno esposto un cartello in cui si dice che Libero non sarà più venduto dopo la presa d’atto della presunta inferiorità meridionale. Feltri ha ricevuto anche una legnata gengivale cosmica da Matteo Salvini.
UN MARE DI GUAI. Che forse in maniera interessata, ha però preso le distanze chiamando esplicitamente “cazzate” le frasi del giornalista. Ma con il clima attuale sembra proprio che questa volta non riusciranno a salvare il “soldato Feltri” che nel momento più delicato della storia repubblicana non trova di meglio che attaccare una parte cospicua dell’Italia, provocando divisioni e risentimenti. Detto questo, e fuori da ogni considerazione politica, la sensazione è che il vecchio Vittorio questa volta l’abbia fatta grossa e soprattutto, molto fuori dal vaso.
A parte qualche interessato sodale è rimasto completamente isolato e l’opinione pubblica e i colleghi si aspettano una punizione esemplare perché il giornalismo non è una professione come le altre, il giornalismo ha (anche) una missione formativa e non solo informativa. Il giornalismo professionale ha ancora grandi responsabilità sociali, soprattutto in tempi di crisi e di web, in cui ogni fandonia viene diffusa ed amplificata.
DANNO PER TUTTI. Il giornalismo non può diventare una velenosa fucina d’odio, di divisione, di rabbia personale, di risentimento livoroso e non basta avere, come si suol dire, una carriera alle spalle per prendersi certe libertà insultando milioni di persone su base razziale. Ma la misura, questa volta, sembra davvero colma. E è tempo che l’Ordine dei giornalisti di Milano, a cui il vecchio direttore è iscritto, dia un segnale forte e inequivocabile prendendo le distanze non solo professionali, ma anche umane.
Carlo Verna, presidente nazionale dell’Ordine, ha dichiarato d’altra parte che, in aggiunta al procedimento disciplinare interno, gli atti saranno trasmessi in procura. Ne va della dignità degli italiani e, paradossalmente, ne va della dignità anche di un giornalista che con il suo comportamento sta disonorando i suoi colleghi e il suo lavoro passato, alimentando quel pregiudizio populistico contro gli operatori dell’informazione che invece devono essere sentinelle della libertà e assumersi, come classe dirigente, le proprie storiche responsabilità.