Non vogliamo rubare il lavoro a illustri costituzionalisti ma abbiamo imparato ad avere una certa familiarità con quegli articoli che disciplinano aspetti salienti della nostra vita. Uno su tutti la salute, complice la straordinarietà della pandemia che ci ha colpiti. Così l’articolo 32 della Carta ci ricorda come l’accesso alle cure debba avvenire omogeneamente sul territorio nazionale e senza discriminazione alcuna, mentre l’articolo 97 impone l’accesso alla Pubblica Amministrazione solo e unicamente tramite concorso. Immediatamente possiamo trovare un primo aggettivo al dilagante fenomeno dei “medici a gettone”: incostituzionale.
Anziché puntare il dito contro questi liberi professionisti che svolgono il proprio lavoro non tramite concorso pubblico ma per mezzo di cooperative e società private, dobbiamo capire come sia stato possibile giungere alla normalizzazione di una figura che fino a qualche anno fa era ritenuta illegale e che rischi comporta non arginare repentinamente questa realtà.
Già evaporate le promesse del governo Meloni di un incremento dei fondi per la sanità. Chi non ha denaro non può curarsi
L’esito di anni di tagli sulla sanità ha portato a falcidiare – tenendoli ben al di sotto della soglia minima necessaria – non solo i posti letto, ma anche le risorse professionali necessarie per ricoprire le posizioni di chi è andato in pensione, proporzionale con nuove assunzioni determinando di fatto un blocco del turn-over. Il tetto di spesa per il personale impedisce inoltre di pagare in modo adeguato chi in quelle realtà continua a lavorare con enorme responsabilità e scarsa gratificazione, rendendo così estremamente ghiotta l’opportunità di fare lo stesso lavoro con una retribuzione quasi triplicata e un monte ore complessivo decisamente inferiore.
Nel migliore dei casi infatti i medici a gettone hanno operato nel SSN per poi passare spontaneamente alla libera professione ingaggiati da società private o cooperative, ma molto più frequentemente si tratta di figure giovani prive di specializzazione e senza alcun tipo di esperienza agevolate anche dai minimi compiti burocratici da adempiere, non essendo assunti dall’azienda ospedaliera.
Immediatamente possiamo trovare un primo aggettivo al dilagante fenomeno dei “medici a gettone”: incostituzionale
È incredibile come la spesa sanitaria sia stata ulteriormente e irresponsabilmente tagliata dal governo Meloni lasciando intuire un ben preciso disegno di privatizzazione della sanità che passi anche attraverso il ruolo dei professionisti che vi operano. I “gettonisti” sono il sintomo di politiche sbagliate che precedono la Meloni, ma che con questa peggiorano drammaticamente, e per quanto ne comprendiamo la pericolosità siamo costretti a ricorrervi perché sono gli ospedali a chiederlo, con gli enormi problemi di organico in cui versano.
Il tratto maggiormente inquietante è costituito dalla totale mancanza di trasparenza e controllo sul percorso formativo dei medici a chiamata assieme alla discontinuità nelle cure per i pazienti che vedono cambiare il proprio medico curante incessantemente. Le cooperative non possono garantire la presenza dello stesso medico curante a cui è lasciata la totale autonomia nella gestione dei turni il che vuol dire maggior possibilità di commettere errori che, in alcuni casi, possono rivelarsi fatali. È assente un monitoraggio delle pause obbligatorie per cui potrebbero arrivare a un carico ore complessivo così elevato da compromettere lucidità ed efficienza nell’esercizio della professione, specie nell’emergenza-urgenza che è particolarmente usurante.
Con la “rimodulazione del Pnrr” voluta dalla Meloni la situazione nel 2024 è destinata a peggiorare
A fronte dei numerosi casi di esercizio abusivo della professione e dell’impiego di figure inadatte ai bisogni di specifici reparti ospedalieri, per non parlare del mancato chiarimento sulla retribuzione oraria dei medici a chiamata, si rende urgente un serio intervento della politica che oggi come non mai si mostra sorda a questo drammatico problema. Con la “rimodulazione del Pnrr” tanto voluta dalla Meloni la sanità nel 2024 è destinata a peggiorare vedendo a rischio case di comunità e ospedali, per non parlare delle già fisiologiche perdite comportate dall’inflazione (circa 15 miliardi). Sapendo che il nostro Paese spende nel settore il 38 per cento in meno rispetto alla media Ue, è evidente che siamo dinanzi a un obiettivo delle destre: rendere la salute un privilegio, non più un diritto.