Italiani, popolo di risparmiatori. O almeno una volta, oggi non più. I risparmi degli italiani sono stati infatti bruciati dall’inflazione, dal rialzo dei tassi e da una perdita del potere d’acquisto che si è rivelata ancora più forte che in passato nei primi tre mesi del 2023.
Le famiglie e le imprese hanno eroso 50 miliardi di liquidità sui depositi da dicembre 2022 a marzo 2023: in sostanza i conti correnti sono molto più poveri di quanto non lo fossero tre mesi prima. In totale, “per il sistema di risparmiatori in soli tre mesi sono stati bruciati ben 89,5 miliardi di euro sui soli conti correnti”. I dati sono quelli rilasciati da Fabi, il sindacato del settore bancario, che lancia l’allarme sui risparmi degli italiani.
Fabi lancia l’allarme sui risparmi degli italiani: i dati mostrano l’effetto dell’inflazione sulle famiglie
In tre mesi, quindi, sono stati bruciati quasi 90 miliardi: pensiamo che nei dodici mesi precedenti erano stati 21,8, circa un quinto. A preoccupare la Fabi non sono tanto le imprese (potrebbe anche essere un segnale della ripresa degli investimenti), quanto le famiglie che non riescono più a risparmiare, anzi devono dar fondo ai propri salvadanai (bancari).
Già nel 2022 le cose erano cambiate, con risparmi quasi a zero nei primi cinque mesi e poi tassi di decrescita sempre maggiori nel secondo semestre. La situazione nel 2023 è ulteriormente peggiorata, a causa dell’inflazione e del rialzo dei tassi della Bce.
A fine 2022 sui depositi vincolati a medio-lungo termine dei risparmiatori c’erano 153 miliardi, in discesa di 2,4 miliardi (-1,6%) rispetto a fine 2021. Ma tra fine dicembre e inizio marzo le cose sono andate molto peggio, passando a 4,1 miliardi in meno (-2,6%). In pratica gli stipendi non bastano più per fronteggiare le spese e bisogna intaccare i risparmi.
I rischi per i conti delle famiglie e la soluzione: rinnovare subito i contratti e aumentare gli stipendi
Il segretario generale Fabi, Lando Maria Sileoni, spiega che “l’inflazione è la più ingiusta delle tasse, perché colpisce soprattutto chi ha redditi bassi e ha pochi risparmi. Il rischio, insomma, è quello di vedere aumentare le disuguaglianze sociali. Il potere d’acquisto degli stipendi, purtroppo, è tornato indietro di 25 anni”.
Per questo individua anche la possibile soluzione, l’unica, contro la perdita del potere d’acquisto delle famiglie: rinnovare i contratti collettivi con aumenti di stipendio consistenti. Perché, come ricorda Sileoni, chi liquidità sul conto corrente è maggiormente colpito perché i suoi soldi valgono meno e la soluzione non può essere di certo prelevarli perché quelli dello stipendio non sono più sufficienti per arrivare a fine mese.
Secondo il segretario generale della Fabi, inoltre, è “fondamentale che le banche, che hanno beneficiato dell’aumento del costo del denaro, adesso restituiscano alla clientela una parte di quei benefici alzando i tassi d’interesse sui conti correnti”. Bisogna, in sostanza, fare in modo che gli italiani possano tornare a mettere da parte qualcosa dei loro stipendi, diversamente da quanto sta avvenendo con l’inflazione e il caro-vita.