Svelare l’intricato rebus dietro alla mancata istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro. Con questo imperativo proseguono gli accertamenti dei pubblici ministeri di Bergamo, coordinati dal procuratore Cristina Rota (nella foto), che hanno messo nel mirino altri manager della Regione Lombardia. Con una svolta improvvisa, in quello che viene definito dagli inquirenti come un atto dovuto, a finire nel registro degli indagati sarebbero stati l’ex direttore generale della sanità della Lombardia, Luigi Cajazzo, l’allora vice Marco Salmoiraghi, e una dirigente dell’assessorato, Aida Andreassi. Stessa sorte anche per Francesco Locati e Roberto Cosentina, il primo ex dg della Asst di Bergamo e il secondo direttore sanitario. A tutti loro, viene contestato dai pm il reato di epidemia colposa.
Questo quanto emerge dal blitz con cui ieri la Guardia di Finanza è tornata a bussare al Pirellone per eseguire una lunga serie di acquisizioni di documenti, atti e chat, delle persone coinvolte a vario titolo. Stando a quanto trapela, sono state acquisite anche le conversazioni dell’assessore Giulio Gallera, il quale non risulta indagato, e anche documenti nella disponibilità del direttore dell’Istituto Superiore della Sanità, Silvio Busaferro, anch’esso non iscritto nel fascicolo. Nell’ambito della stessa inchiesta erano stati già sentiti il premier Giuseppe Conte e i ministri della Salute e dell’Interno, Roberto Speranza e Luciana Lamorgese.
FARI PUNTATI. Che i fari della magistratura fossero accesi da tempo su Cajazzo lo si capisce dal fatto che già nei mesi scorsi era stato ascoltato dai pm di Bergamo. Proprio con loro aveva messo a verbale, tra l’altro, che la decisione di riaprire il pronto soccorso di Alzano il 23 febbraio, dopo l’accertamento dei primi due casi di Coronavirus, era stata “presa in accordo con la direzione generale della Asst di Bergamo Est”, in quanto era stato assicurato che era “tutto a posto” ossia che i locali erano stati sanificati ed erano stati predisposti “percorsi separati Covid e no Covid”.
Una versione che però è stata smentita da un’inchiesta giornalistica del Tg1 che il 10 aprile aveva mandato in onda un servizio in cui un medico presente alla riunione del 23 febbraio raccontava che a decidere fu soltanto lui: “Il 23 febbraio è arrivata la chiamata del direttore generale dell’assessorato al Welfare Cajazzo, che ha detto: non si può fare, perché c’è almeno un malato di Covid in ogni provincia, non possiamo chiudere oggi Alzano, tra due ore Cremona…Quindi riaprite tutto“.