Un mandato d’arresto per 42 giornalisti. La repressione brutale continua in Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan continua a massacrare la democrazia dopo il fallimento del colpo di Stato, che voleva rovesciarlo. L’accusa ai giornalisi è quella di aver appoggiato la comunità di Fetullah Gülen, indicato come il nemico numero uno dal leader di Ankara. E c’è un ulteriore balzo in avanti della propaganda: la stampa filo-governativa ha accusato il generale statunitense, John F. Campbell, di aver finanziato il golpo, attraverso una un finanziamento proveniente dalla Nigeria.
Nelle ultime ora era anche arrivata un’altra notizia: le forze di sicurezza turche hanno arrestato nella provincia di Trebisonda, Halis Hanci, stretto collaboratore di Gülen. In particolare ad Hanci viene contestata l’accusa di gestire i fondi del predicatore, che vive negli Stati Uniti da tempo. Le persone incarcerate sono al momento 13.165, di cui 8.838 militari, 2.101 magistrati e 1.485 poliziotti. Un’operazione di repulisti violenta, che ha portato l’opposizione laica a scendere in piazza Taksim, a Istanbul: un luogo simbolo della “resistenza” alla deriva autoritario di Erdogan.
Il leader del partito socialdemocratico Chp, Kemal Kilicdaroglu, ha preso nettamente le distanze dal tentativo di colpo di Stato, ma d’altra parte ha chiesto che venga rispettata la democrazia. Tanti gli slogan come “Né colpo di Stato, né diktat, potere al popolo!” e “la Turchia è laica e resterà così”. Per cercare un clima di unità, comunque, il governo turco ha autorizzato la manifestazione dei kemalisti (eredi della tradizione del fondatore della Repubblica).