Domenica 28 aprile si celebrerà la “Giornata mondiale della sicurezza e della salute sul lavoro”. Leggeremo, come al solito in questi casi, fiumi di parole sull’importanza e sulla necessità di garantire alle lavoratrici e ai lavoratori maggiore tutela dei loro diritti, onde evitare che la scia di sangue che da qualche anno a questa parte sta inondando l’Italia continui.
Poi però, finita la ricorrenza e spenti i riflettori sull’ennesima tragedia, tutto tornerà come prima, fino alla prossima e a quella dopo ancora. I numeri degli infortuni mortali sul lavoro sono un vero e proprio bollettino di guerra: solo lo scorso anno, nel nostro Paese, sono stati 1.041. Quasi 3 al giorno. Seppur provvisori, i dati diffusi il 2 aprile scorso dall’Inail fanno presagire che nel 2024 le cose non andranno meglio: nei primi due mesi, difatti, le denunce di infortunio sono salite a quota 92.711 (+7,2%), di cui 119 con esito mortale (+19%).
Sempre più spesso tali incidenti non sono frutto di fatalità o sfortuna. Ciò che è accaduto a Luana D’Orazio il 3 maggio 2021 a Prato lo dimostra; i più recenti fatti di Firenze e Bargi, su cui indaga la magistratura, lo confermano. Era il 2015 quando Papa Francesco disse che “quando il lavoro è in ostaggio del solo profitto e disprezza gli affetti della vita, l’avvilimento dell’anima contamina tutto: anche l’aria, l’acqua, l’erba, il cibo…”: un monito rimasto inascoltato. “Appalto” e “subappalto” sono diventati – purtroppo – termini di uso comune in un mercato del lavoro e in un sistema di produzione sempre più parcellizzati, dove a pagare il prezzo più alto sono i lavoratori precari. Come rilevato sempre dall’Inail, invero, gli incidenti mortali sul lavoro hanno un’incidenza doppia per coloro che hanno contratti a tempo determinato (8,98 ogni 100mila) rispetto a chi, invece, ha un indeterminato (4,49 ogni 100mila).
Di fronte a tutto ciò, finora la risposta del governo è stata flebile. Nell’ultimo decreto Pnrr, che in questi giorni viene convertito in legge alla Camera, l’esecutivo ha inserito la patente a crediti, già prevista dal Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Per ricevere il documento, in vigore dal prossimo 1° ottobre e limitato all’edilizia (malgrado le richieste di sindacati e opposizioni di estenderlo a tutti i settori), alle imprese basterà presentare un’autocertificazione. I 30 punti di partenza saranno decurtati a seconda delle violazioni commesse e solo con una sentenza passata in giudicato, con l’ordinanza o l’ingiunzione del giudice.
Ne serviranno almeno 15 per continuare a operare nei cantieri. Rispetto alla versione del testo licenziata dal Cdm, durante l’esame in commissione è sparita la possibilità di reintegrare i suddetti crediti a seguito della frequenza di appositi corsi di formazione. Almeno questo…