In Medioriente la tensione resta alta anche durante le feste. Ora il problema non è la tregua ma l’allargamento del conflitto

In Medioriente la tensione resta alta anche durante le feste. Ora il problema non è la tregua ma l'allargamento del conflitto

In Medioriente la tensione resta alta anche durante le feste. Ora il problema non è la tregua ma l’allargamento del conflitto

Non un problema di tregua in Medioriente, ma di guerra totale. Dopo le rotte del canale di Suez prese di mira dagli Houthi yemeniti, il terzo fronte al confine del Libano che gli Hezbollah minacciano di aprire rischia di superare per ampiezza e impatto bellico l’inferno di Gaza.

In controluce, la regia occulta del doppio baricentro fra Mediterraneo e Mar Rosso nella guerra del Medio Oriente evidenzia la strategia avanzata iraniana – e dietro le quinte della Russia di Vladimir Putin – per innescare una ulteriore crisi economica in Europa e in Occidente e per dirottare l’attenzione strategica sul fronte sud dell’Alleanza Atlantica, sottraendo armamenti e intelligence all’ Ucraina.

Guidati da russi e iraniani gli attacchi alle navi nel Mar Rosso rappresentano una minaccia destabilizzante per il commercio globale, così come la continua espansione della presenza militare russa in Libia e della flotta di Mosca nel Mediterraneo costituiscono delle spine nel fianco dell’Europa e della Nato.

In Medioriente la tensione resta alta anche durante le feste

Allarma soprattutto la situazione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, per la quale è stata mobilitata una task force internazionale di unità navali di Stati Uniti, Inghilterra, Canada, Giappone, Italia, Francia, Spagna e Bahrein. “Nella Marina abbiamo un detto: non si intercetta la freccia. Si spara all’arciere”, ha dichiarato al New York Times Robert B. Murrett, un passato da vice Ammiraglio e di ufficiale dell’intelligence navale.

L’ennesima impasse del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha approvato esclusivamente il via libera agli aiuti umanitari per Gaza senza alcuna tregua nei combattimenti, ha accentuato l’avanzata dell’esercito israeliano che punta a occupare l’intero territorio della striscia per individuare e distruggere uno per uno tutti i bunker sotterranei di Hamas.

Gli sforzi degli Usa per il Medioriente

Contemporaneamente in Libano sono in corso trattative per allontanare gli Hezbollah dalla frontiera con Israele. Il New York Times scrive che lo sforzo diplomatico é guidato da Amos Hochstein, il consigliere della Casa Bianca protagonista lo scorso anno dei colloqui che hanno portato a un accordo storico tra Tel Aviv e Beirut sui confini marittimi tra due i paesi.

Si vuole scongiurare il rischio che eventuali scontri diretti fra esercito israeliano e miliziani divampino fino a diventare una battaglia che dilagherebbe su tutto il confine, minacciando la distruzione dei gasdotti che attraversano la zona. A Gerusalemme si sta riflettendo sull’opportunità di fare scattare, o meno, la pianificazione dell’eliminazione fisica dei capi di Hamas, decisa dal governo Netanyahu.

Venti di guerra

Secondo il quotidiano inglese The Guardian, a Gaza i servizi di sicurezza israeliani stanno braccando Yahya Sinwar, considerato lo stratega dei massacri del 7 ottobre. La campagna di decapitazione del gruppo terroristico ha una portata internazionale e sta prendendo di mira i leader di Hamas rifugiatisi in Qatar, Libano, Turchia, Egitto, Algeria e Libia.

Il Direttore dello Shin Bet l’agenzia di sicurezza interna israeliana, Ronen Bar, ha descritto la campagna di eliminazione come “la nostra Monaco”, in riferimento alla caccia ai terroristi palestinesi che assassinarono 11 atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Tra il 1972 e il 1979, come ricostruito dall’omonimo film di Steven Spielberg, gli agenti segreti di Tel Aviv eliminarono tutti i 10 principali autori della strage delle olimpiadi.