Il Medio Oriente ribolle e la pace, anziché avvicinarsi, sembra sempre più lontana. A dirlo chiaramente è il capo della missione di pace delle Nazioni Unite in Libano (Unifil), Aroldo Lazaro, secondo cui “il pericolo di un’escalation tra Israele e Libano è reale”, aggiungendo che “non esiste una soluzione militare allo scontro in corso” e l’unica exit strategy dal conflitto resta quella “della via diplomatica”.
Peccato che non sembra pensarla così il governo israeliano di Benjamin Netanyahu, secondo cui la guerra andrà avanti fino alla liberazione degli ostaggi e che ha confermato l’imminente offensiva a Rafah. Rischio di escalation che sale di ora in ora visto che continuano le minacce della Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, che ancora una volta ha ribadito che “il malvagio regime di Israele, che ha commesso un errore attaccando i locali del consolato iraniano a Damasco, sarà sicuramente punito perché le sedi diplomatiche di Paesi di tutto il mondo sono considerate territorio di quei Paesi e l’attacco israeliano è stato in realtà un attacco contro il territorio iraniano”.
In Medio Oriente la pace è un miraggio
Parole a cui ha risposto il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, affermando che “se l’Iran attacca dal proprio territorio, Israele risponderà e attaccherà in Iran”. Proprio davanti a queste crescenti tensioni, continua il pressing – fin qui senza successo – del presidente americano Joe Biden, sempre più critico verso lo Stato ebraico, secondo cui Netanyahu “sta compiendo un errore” nel perseverare negli attacchi su Gaza e nelle continue minacce di un allargamento del conflitto.
L’inquilino della Casa Bianca, in un’intervista con l’emittente in lingua spagnola Univision, ha concluso dicendo che Tel Aviv farebbe bene ad accettare un cessate il fuoco “per sei o otto settimane”, permettendo “un accesso totale per le consegne di cibo e medicine” nella Striscia di Gaza.