In Italia avanza la desertificazione commerciale, con sempre più negozi che chiudono i battenti. Un drammatico fenomeno che, in appena 12 anni, tra il 2012 e il 2024, ha portato alla chiusura di quasi 118.000 negozi al dettaglio e 23.000 attività di commercio ambulante. In crescita, invece, le attività di alloggio e ristorazione (+18.500). È quanto emerge dall’analisi “Demografia d’impresa nelle città italiane”, realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne. Nei centri storici di tutta Italia chiudono più negozi che nelle periferie, sia al Centro-Nord che nel Mezzogiorno. Nei Comuni presi in considerazione dall’analisi sono spariti, negli ultimi 12 anni, quasi 31.000 esercizi al dettaglio in sede fissa, una riduzione che si accompagna a quella degli sportelli bancari, che tra il 2015 e il 2023 sono passati da 8.026 a 5.173 (-35,5%).
Tra i settori merceologici, nei centri storici si riducono le attività tradizionali (carburanti -42,1%, libri e giocattoli -36,5%, mobili e ferramenta -34,8%, abbigliamento -26%) e aumentano i servizi (farmacie +12,3%, computer e telefonia +10,5%) e le attività di alloggio (+67,5%), al cui interno si registra un vero e proprio boom degli affitti brevi (+170%), dovuto alla forte accelerazione nell’ultimo anno, mentre gli alberghi tradizionali calano del 9,7%. A livello territoriale, le regioni del Nord evidenziano le maggiori perdite di negozi al dettaglio, mentre al Centro-Sud si registra una maggiore tenuta: dei 122 comuni presi in esame dall’analisi, ai primi 5 posti si collocano Ancona (-34,7%), Gorizia (-34,2%), Pesaro (-32,4%), Varese (-31,7%) e Alessandria (-31,1%); nelle ultime 5 posizioni i Comuni che registrano la migliore tenuta sono Crotone (-6,9%), Frascati (-8,3%), Olbia (-8,6%), Andria (-10,3%) e Palermo (-11,2%).
Desertificazione commerciale in Italia
La desertificazione commerciale in Italia “continua, dunque, a rappresentare un elemento di depauperamento economico e sociale dei centri urbani che, tenendo conto anche della contestuale riduzione del numero di sportelli bancari, rischia di trasformarsi in un vero e proprio declino delle città”. È un fenomeno che “va contrastato con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività”, e in questa direzione va il progetto Cities di Confcommercio, che ha elaborato le prime proposte per la rigenerazione delle città.
Queste, in sintesi, le principali proposte di Cities Confcommercio, elaborate in collaborazione con le Associazioni territoriali: In primis, la rigenerazione dello spazio pubblico e dei quartieri: rafforzare il coinvolgimento delle economie di prossimità e delle loro rappresentanze nella rigenerazione degli spazi pubblici e delle aree degradate, attuata attraverso interventi di trasformazione fisica delle infrastrutture, di mitigazione dell’impatto del cambiamento climatico, di urbanistica tattica e di placemaking. In questi percorsi, la collaborazione strutturata tra istituzioni e associazioni può generare ecosistemi di supporto per rendere tangibili i progressi e promuovere un’identità di quartiere più forte. Poi, mobilità e logistica sostenibili per la città della prossimità: si propongono Piani Urbani della Mobilità e della Logistica che integrino trasporti, urbanistica ed economia locale.
L’analisi
Piani caratterizzati da misure concrete che includono, tra le altre: piattaforme di smistamento merci con magazzini di prossimità urbana per ridurre il traffico e la congestione, sistemi di logistica a basso impatto ambientale (inclusi mezzi a zero emissioni e cargo bike) per ridurre l’inquinamento. Inoltre, patti locali per la riapertura dei negozi sfitti: si propone di attivare accordi tra Comuni, associazioni e proprietari per agevolare la definizione formale di canoni di locazione calmierati, in particolare nei quartieri e nei quadranti più fragili, e rendere accessibili gli immobili anche alle imprese nascenti o in difficoltà.
Questi accordi possono anche contribuire alla riqualificazione dei luoghi, promuovono un uso più efficiente del patrimonio immobiliare esistente e riducono i rischi per tutti gli attori in campo. E, ancora, gestione partecipata e collettiva delle città: occorre promuovere la città come “bene comune”, quel modello di sviluppo urbano in cui la città è vista come un patrimonio collettivo da gestire in modo partecipativo, equo e sostenibile.
Questo approccio considera lo spazio urbano, i servizi pubblici e le risorse della città come beni comuni, cioè accessibili a tutti, con imprenditori e cittadini attivi nella rivitalizzazione dei luoghi, nella creazione di servizi per la comunità e nella promozione di iniziative culturali e commerciali, per valorizzare il tessuto urbano e rafforzare la coesione sociale. Infine, politiche per il commercio locale più efficaci grazie all’uso di tecnologie digitali: l’uso dei Big Data e dell’Urban Analytics può guidare politiche più efficaci per il commercio locale.
Cities ha sviluppato e sperimentato sul campo, con il fondamentale contributo delle Associazioni territoriali, un applicativo di monitoraggio (web-dashboard basato su dati di telefonia mobile) che analizza i flussi pedonali e le dinamiche commerciali nelle vie del commercio dei centri urbani. Lo scambio di dati con Comuni e istituzioni e la collaborazione con istituti di ricerca e università per la loro analisi può contribuire alla programmazione degli eventi e delle campagne di marketing, al miglioramento dell’accessibilità dei luoghi e all’ottimizzazione degli interventi di arredo urbano.