di Stefano Sansonetti
Il premier Enrico Letta l’ha presentata con toni trionfalistici. L’operazione, con cui il Kuwait ha promesso di investire 500 milioni in una specie di veicolo con il Fondo strategico della Cassa depositi e prestiti, rappresenta però solo la parte più superficiale di un piano sotto al quale si cela molto di più. Sulla scena c’è una rete di operazioni che stanno aprendo le porte dell’Italia ai fondi sovrani del Golfo. Tutto ruota intorno alla Cassa Depositi e Prestiti, controllata all’80% dal ministero del Tesoro e al 18,4% dalle fondazioni bancarie, e intorno all’Alitalia. Del resto sembra essere sempre più evidente che l’eventuale salvataggio della compagnia di bandiera da parte di Etihad sarebbe un autentico lasciapassare verso i veri obiettivi degli Emirati coinvolti nella vicenda. Se l’operazione dovesse andare in porto, come tutti i protagonisti della vicenda si augurano, Etihad potrebbe portarsi a casa il 49% di Alitalia per circa 300 milioni. Per carità, di questi tempi si tratta di un esborso di non poco conto, ma siamo sideralmente lontani dai miliardi di euro che nel 2008 Air France avrebbe speso per il salvataggio del vettore italiano.
La strategia
Il fatto è (come ha raccontato La Notizia di ieri) che l’operazione di Alitalia parrebbe inserirsi in una sorta di scambio. Pur di togliersi dalle mani la patata bollente della compagnia aerea, il governo è disposto ad aprire le porte di Cdp Reti ai fondi arabi. La posta in palio è succosa, perché la società in questione, controllata dalla Cassa presieduta da Franco Bassanini, ha in pancia il 30% di Snam. E in prospettiva le potrebbero essere conferiti anche il 29,9% di Terna e la partecipazione in Tag, ovvero il gasdotto che corre lungo il confine tra Austria e Italia portando la materia prima direttamente dalla Russia. Insomma, chi mette le mani su Cdp Reti, di cui dovrebbe essere messo in vendita fino al 49% del capitale, si troverà nella condizione di poter guadagnare da Snam, Terna e Tag, ovvero dallo strategico mondo delle reti. E chi c’è in pole position per rilevare la quota della società della Cassa? Tra gli altri ci sono l’australiano Industry Funds Management (Ifm), il canadese Borealis, il colosso cinese dell’energia State Grid Corporation e il kuwaitiano Wren, ossia del braccio finanziario della Kuwait Investment Authority attivo nelle infrastrutture. Proprio quest’ultimo, secondo indiscrezioni, potrebbe tentare l’affondo vincente, forte del salvataggio dell’Alitalia da parte di Etihad, società di un altro paese del Golfo (gli Emirati arabi uniti). Di più, perché proprio ieri Letta ha trionfalisticamente annunciato un impegno da 500 milioni di euro della stessa Kuwait Investment Authority (che controlla Wren) nel capitale del Fondo strategico italiano controllato da Cdp. L’obiettivo sarebbe quello di consentire al Fsi, così rafforzato, di investire in aziende italiane. Ma l’operazione, così presentata da Letta, sembra avere più che altro un risvolto di marketing, celando il vero obiettivo del fondo del Kuwait: prendersi Cdp Reti con un esborso relativo.
Gli altri
Del resto la presenza dei fondi del Golfo nell’universo della Cdp ha già dei precedenti. Poco più di un anno fa la Qatar holding Llc è entrata in una joint venture con il Fondo strategico della Cdp. Parliamo della IQ Made in Italy investment company (dotazione fino a 2 miliardi di euro), veicolo che dovrebbe investire nelle eccellenze del made in Italy. Le sue mosse, però, sono ancora in fase embrionale. Senza contare che altri fondi arabi sono già inseriti nei gangli di alcune aziende private del paese. Si pensi al fondo Aabar, espressione di Abu Dhabi (uno degli Emirati) e azionista di Unicredit col 5%, istituto di credito all’interno del quale ha anche espresso l’attuale vicepresidente Luca Cordero di Montezemolo. Il quale, peraltro, con l’aiuto dello stesso fondo adesso si sta giocando la partita per diventare addirittura presidente della banca italiana più internazionalizzata. Ancora, un altro fondo di Abu Dhabi, ossia Mubadala, è da anni partner della Ferrari, guarda caso sempre presieduta da Montezemolo. A dimostrazione dei suoi consolidati rapporti con gli arabi. Per non dire di come Mubadala, in tempi più recenti, abbia anche perfezionato il suo ingresso all’interno di Piaggio aereo. Insomma, come si vede la presa dei paesi del Golfo sull’Italia, per certi aspetti risalente nel tempo, nei prossimi mesi potrebbe rafforzarsi ulteriormente. E il salvataggio di Alitalia da parte di Etihad, una volta perfezionatosi, sarà il grimaldello attraverso il quale i veicoli finanziari degli Emirati potranno ambire a mettere a segno colpi più grossi.
Twitter: @SSansonetti