L’addio al Superbonus potrebbe comportare un aumento di fallimenti per le imprese edili maggiore rispetto alla media degli altri settori. In generale lo stato di salute delle imprese italiane è tutt’altro che buono. E lo dimostra un dato, presentato in occasione dell’evento Tomorrow Speaks di Crif, a Milano: proprio i fallimenti delle aziende italiane, dopo diversi anni di stasi, sono tornati a salire.
I fallimenti delle aziende italiane, dopo diversi anni di stasi, sono tornati a salire. Ora rischiano anche le imprese edili coinvolte nel Superbonus
Per l’anno in corso è atteso un tasso di default delle imprese che dovrebbe attestarsi vicino al 3%. Una tendenza di crescita di questo tipo non si verificava da quasi dieci anni, come viene evidenziato nel Corporate credit outlook 2023 di Crif Ratings. C’è un altro dato, previsionale, che emerge da questa analisi: nei prossimi mesi le aziende che rischiano il default sono soprattutto quelle del settore delle costruzioni. E il motivo è semplicissimo: l’addio al Superbonus costerà caro non soltanto alle famiglie che vogliono ristrutturare condomini e villette, ma anche alle stesse imprese edili che rischiano di andare incontro a una crisi durissima.
Quest’anno il tasso di default delle imprese sarà vicino al 3%. Un dato così non si vedeva da anni
Ma partiamo dai dati del rapporto. L’attuale quadro macroeconomico, si sottolinea, ha contributo a portare il valore dei tassi di default a dicembre 2022 al 2,4%, rispetto al minimo storico dell’1,6% che si era registrato un anno prima. Nel primo semestre del 2023 le cose sono andate anche peggio, con un tasso di fallimenti del 2,5%. La preoccupazione di Luca D’Amico. amministratore delegato di Crif Ratings, è che il persistere della situazione attuale d’incertezza anche nei prossimi trimestri, “con ridotte crescite reali, un’elevata inflazione e tassi d’interesse su livelli significativi”, possa far presagire “un’accelerazione della progressione dei tassi di default anche nel 2024, la cui magnitudine sarà in funzione della velocità con cui si normalizzeranno i principali indicatori, a partire dal tasso d’inflazione”. I settori più colpiti dalla pandemia e più esposti all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, stando all’analisi, mostrano un incremento degli inadempimenti ritenuto non trascurabile.
Il settore delle costruzioni ha retto grazie ai sostegni. Ma con lo stop agli aiuti si teme il collasso
Per esempio si fa riferimento al comparto delle costruzioni, che finora ha riportato un numero “relativamente contenuto” di inadempimenti avendo potuto beneficiare, in maniera significativa, “di tutte le misure di supporto messe in atto nell’ultimo biennio”. Ovvero tutti gli incentivi come il Superbonus 110%. La situazione, però, è destinata a cambiare: “Anche alla luce del progressivo venir meno di queste misure di supporto, si stima nei prossimi trimestri una crescita del tasso di default di questo comparto potenzialmente più rilevante e repentina rispetto alla media nazionale”. Semplificando: l’addio al Superbonus comporterà un aumento di fallimenti per le imprese edili maggiore rispetto alla media degli altri settori.
La crisi, insomma, non solo pesa fortemente su tutte le aziende, ma lo farà in maniera ancora più ingente su quelle imprese che, una volta accantonato definitivamente il Superbonus, saranno costrette a dichiarare il fallimento. Per queste ragioni, secondo Carlo Gherardi, amministratore delegato di Crif, un aiuto alle imprese nazionali può venire dall’innovazione digitale: “Guardando all’Europa continentale, l’Italia è molto avanti e pensiamo possa lanciarsi su scala non solo europea, ma anche internazionale”.