Nove miliardi e 700 milioni. Tanto è costata nel 2016 alle imprese e ai lavoratori autonomi l’Imu sugli immobili strumentali, circa la metà del gettito complessivo di questa imposta. È questa la stima realizzata dal Centro studi della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (Cna), la maggiore associazione del settore, sui dati 2016. “Una somma che conferma l’insostenibilità di questa imposta iniqua – ha detto ieri il segretario generale della Confederazione, Sergio Silvestrini. Il ragionamento posto al Governo dagli artigiani è che non si possono trattare strumenti di lavoro che creano occupazione e ricchezza diffusa, come capannoni, laboratori e negozi, alla stregua delle seconde case. Questa imposta – spiega numeri alla mano la Cna – è una misura controproducente che, in ultima analisi, costa più di quanto rende perché rappresenta un ostacolo agli investimenti e alla creazione di occupazione”.
Imposta sbagliata – “Chiediamo pertanto al Governo – ha aggiunto Silvestrini – di porre mano a questa disciplina già nella prossima Legge di bilancio, innalzando significativamente la deducibilità dell’Imu versata dalle imprese e dai lavoratori autonomi, oggi limitata al 20 per cento, mentre altri settori produttivi, è il caso dell’agricoltura, ne sono totalmente esenti”. Secondo il Centro studi Cna la deducibilità totale dell’Imu dal reddito d’impresa per gli immobili di proprietà utilizzati direttamente dalle aziende costerebbe non più di 500 milioni l’anno. “Risorse oggi sottratte allo sviluppo”, ha concluso Silvestrini. Di qui l’azione della Confederazione, solo l’ultima di un pacchetto di proposte che tutto il mondo delle imprese sta producendo in questo periodo per strappare qualche concessione nella prossima legge di stabilità. Una manovra dove le risorse fresche disponibili saranno pochissime, come ha spiegato il ministro del tesoro Pier Carlo Padoan, a causa del forte impatto degli interessi sul debito pubblico. Un macigno che da solo si porta via circa 70 miliardi di euro l’anno, e che prevedibilmente nel 2018 aumenteranno di pari passo con la prevedibile stretta sui tassi in Europa, sulla scia di quanto sta già avvenendo negli Stati Uniti. Per questo il nostroGoverno ha promesso di concentrare gli sforzi su pochi obiettivi, a partuire dagli incentivi all’occupazione e in particolare a quella giovanile, dove le statistiche ci condannano come pecore nere d’Europa.