Che un imprenditore o un’imprenditrice – ancora di più un’imprenditrice come Elisabetta Franchi che si declina imprenditore, al maschile, per farsi accreditare ancora meglio nel sistema patriarcale – vada da qualche parte, in televisione o sui giornali, a celebrare un sistema del lavoro antiquato e discriminatorio non è una novità.
La ministra renziana Elena Bonetti tace e acconsente di fronte alle parole di Elisabetta Franchi
C’è tra gli imprenditori italiani questa particolare categoria che racchiude i più sfrontati provocatori particolarmente amata da certi giornali e certi elettorati. Il dispotismo come marchio funziona, piace e stuzzica le fantasie di chi vorrebbe la completa demolizione dei diritti dei lavoratori (che in Italia è già a buon punto). Quindi non stupisce Elisabetta Franchi che va a un evento organizzato da Il Foglio (i cantori di certa prenditoria italiana turboliberista) e si compiace di ritenere l’avvenuta infertilità delle sue lavoratrici come caratteristica fondamentale per l’assunzione.
Ciò che stupisce piuttosto è che l’elogio della discriminazione femminile (che tra l’altro è vietato dalla legge, mica per niente c’è già una denuncia per comportamenti anti-sindacali da parte della Cgil) avvenga di fronte alla ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti (nella foto), quella che dovrebbe, per mandato, demolire questa cultura e fare sentire la propria voce per condannare e arginare questi comportamenti.
La ministra di Italia Viva (quella che si fece dimettere da Matteo Renzi per accontentare i suoi intrighi parlamentari) non solo non sente il bisogno di interrompere quell’orrendo spettacolino dell’imprenditrice Franchi spalleggiata dalla giornalista ma addirittura si supera rilasciando un comunicato (solo parecchie ore dopo che è scoppiata l’indignazione) che di fondo appoggia la posizione dell’imprenditrice.
La ministra Bonetti ci fa sapere che le parole dell’imprenditrice e stilista Elisabetta Franchi “riflettono la gravità di una situazione che ha tolto dignità alle donne nel lavoro e nelle scelte di vita. Per questo è stato necessario e urgente avere il Family Act, avere cioè una riforma delle politiche familiari che interviene su un sistema di mercato del lavoro che per anni ha penalizzato le donne, obbligandole a scegliere tra lavoro e maternità e considerando la maternità un costo”.
Difendere l’indifendibile, negare l’evidenza e addirittura dare manforte. Del resto sarebbe bastato ascoltare il convegno per intero per rendersi conto che nel suo intervento la ministra di Italia Viva aveva già espresso la sua posizione: “Ricordava giustamente Elisabetta Franchi – aveva detto la ministra – che se una donna esce dal mondo del lavoro per troppo tempo la sua carriera ne viene inficiata”.
L’uscita spericolata, del resto, fa il paio con la sua frase sullo Ius soli definito “divisivo”, con la sua infelice uscita in cui parlando del disegno di legge Zan ci disse di “fidarsi di Salvini e della Lega” e con una generale assenza sul tema del patriarcato nel mondo del lavoro italiano. Sarà per questo che la sua compagna di partito Bellanova ha provato a intervenire parlando di “vergogna” per metterci una pezza.
E chissà come la ministra di Italia Viva ha intenzione di spendere quei 19,85 miliardi di euro del Pnrr dedicati alla “inclusione e coesione, volti a sostenere la parità di genere, contrastare le discriminazioni” se non ha avuto nemmeno il polso di alzarsi di fronte a una sequela di cretinate definendole inaccettabili. In compenso, ancora una volta, i renziani hanno dimostrato di essere ottimi alleati della peggiore imprenditoria italiana, perfino nei momenti più sgradevoli.