Dieci fermi e il sequestro di quindici società per un giro complessivo di 42 milioni di euro. È il primo bilancio dell’operazione condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, che ha anche portato a numerose perquisizioni in varie province, tra cui Roma, Milano, Brescia e Crotone: tra le persone coinvolte funzionari pubblici e imprenditori.
Le ipotesi di reato, contestate a vario titolo, sono: concorso esterno in associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, truffa, corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, intestazione fittizia di beni e estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Secondo gli inquirenti, infatti, era nato un “comitato d’affari” che favoriva società molto vicine a clan della ‘ndrangheta. I settori più appetiti dall’organizzazione erano quelli depurazione e degli impianti idrici. Il meccanismo funzionava così: con l’aiuto dei dirigenti venivano eluse le normative antimafia, attraverso certificazioni false, dando la concessione di appalti multimilionari ad aziende riconducibili alla criminalità organizzata. L’inchiesta è partita nel 2013, cercando di mettere insieme tutti i pezzi: così è stata ricostruita la macchina illegale tra gare truccate, estorsioni e mazzette.