La relazione del primo semestre 2016, sull’attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, rispetto al passato contiene qualcosa di particolarmente innovativo e a tratti inquietante. Nelle oltre 300 pagine che compongono il documento, infatti, la DIA, se da una parte ribadisce più volte il ruolo svolto da funzionari pubblici e politici nel garantire alla criminalità, attraverso una dilagante corruzione, sicure infiltrazioni nel pubblico, dall’altra parte pone un forte accento sull’importante ruolo svolto da professionisti, manager e imprenditori, all’interno del disegno criminale. In particolare, si legge nella relazion, “ricorre nella realizzazione dei progetti criminosi una platea variegata di soggetti che si caratterizzano per una marcata professionalità […] Svelare e scardinare tali figure significa, centrare gli obiettivi della moderna criminalità organizzata”.
Inabissamento mafioso – Una caratteristica che si può ritrovare in tutte le mafie nazionali e persino in quelle straniere. A partire da Cosa Nostra, che negli ultimi anni sta subendo profonde mutazioni interne: se da una parte i corleonesi stanno perdendo la leadership rappresentata un tempo da Riina e Provenzano, mentre le famiglie trapanesi, compatte e forti sotto la guida di Matteo Messina Denaro, stanno acquisendo sempre più potere, più in generale, in tutta la Sicilia (e non solo) è in atto una ben precisa strategia di inabissamento che non è da intendersi come un depotenziamento dell’organizzazione quanto piuttosto una, seppur forzata, scelta di sottrarsi alla pressione dello Stato, gestendo in maniera silente e coperta gli affari.
‘Ndrangheta bicefala – Più preoccupante invece la situazione in Calabria: la ‘ndrangheta viene descritta come una criminalità bicefala, fatta di ritualità arcaiche, regole, gradi, giuramenti e santini, ma anche di professionisti in grado di sfruttare le più sofisticate leve economico-finanziarie. Inoltre, rispetto al passato emerge una nuova configurazione organizzativa molto più simile all’unitarietà di Cosa Nostra che alla polverizzazione camorristica, e che è in grado di esportare i propri interesse nel resto d’Italia, grazie alla commistione tra professionalità maturate da affiliati di nuova generazione e professionisti attratti consapevolmente alla ‘ndrangheta, oltre alla più o meno consapevole collusione di pezzi dello Stato.
Napoli a ferro e fuoco – Infine, la camorra: le cronache degli ultimi mesi ben dipingono una situazione estremamente frammentata a Napoli, dove i giovani boss stanno cercando di sostituirsi tramite il sistematico ricorso alla violenza alle vecchie famiglie, mentre nel resto della Regione, vi sarebbe una situazione più strutturata, dove spiccano ancora i Casalesi, gli unici in grado di proiettare con successo i propri affari nel centro e nel nord Italia.
E arriviamo così alle conclusioni, nelle quali gli investigatori antimafia significativamente riportano un citazione del giudice Falcone: “Dobbiamo rassegnarci a svolgere indagini molto ampie, a raccogliere il massimo delle informazioni utili e meno utili; a impostare le indagini alla grande agli inizi per potere poi, quando si hanno davanti i pezzi del puzzle, costruire una strategia”. Sono passati oltre due decadi ma a quanto pare il “metodo di lavoro” che rappresenta l’eredità lasciataci da Borsellino e Falcone e che mira a cogliere i nessi e i collegamenti anche tra fatti apparentemente slegati tra loro, rimane più attuale che mai.