Ci prova, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, a percorrere tutte le strade possibili con gli strumenti a sua disposizione per arginare un’immigrazione clandestina fuori controllo, che in questi ultimi giorni sta di nuovo assumendo contorni drammatici: ieri ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo turco Suleyman Soylu per rafforzare “la collaborazione delle forze di polizia dei due Paesi per contrastare il terrorismo, il narcotraffico e le organizzazioni criminali che sfruttano e alimentano i flussi dell’immigrazione irregolare nel Mediterraneo orientale”; i due ministri hanno anche concordato un incontro bilaterale in presenza, che si svolgerà prossimamente a Roma, con un focus proprio sulla prevenzione dei flussi migratori irregolari via mare.
Ma di fronte al traffico inarrestabile e incontrollato degli ultimi giorni sulle coste italiane, in Sicilia e soprattutto in Calabria – nuovo porto di approdo per chi parte dalla Turchia – le parole e le promesse ormai servono a ben poco: i numeri parlano chiaro e mettono in evidenza tutta l’inerzia a livello Ue sulla questione. Il problema, inutile negarlo, si può risolvere solo a livello comunitario, ma anche nell’ultimo Consiglio europeo che si è svolto a Bruxelles giovedì e venerdì scorsi sul tema dell’immigrazione, i nodi fondamentali non sono certo stati risolti: l’Italia non ha ottenuto alcuna apertura sulla possibilità di redistribuzione dei migranti e, anzi, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha dovuto ribadire la linea contraria a qualsiasi tipo di muro per fermare i flussi.
I NODI SUL TAVOLO EUROPEO. Da parte sua, il premier si è detto in ogni caso “molto soddisfatto” dalle conclusioni formali del Consiglio, in particolare per i due punti che sono stati modificati rispetto alla bozza iniziale: il paragrafo 20, originariamente concepito per aprire alla possibilità che l’Ue finanziasse muri e barriere costruiti dagli Stati membri alle frontiere esterne, e il paragrafo 24, che sottolineava la responsabilità dei Paesi membri nell’arginare i “movimenti secondari”, ovvero i viaggi dei migranti verso paesi Ue diversi da quelli di primo arrivo, che dovrebbero invece farsene carico.
Nessun accenno alla necessaria riforma per il superamento del Regolamento di Dublino (che impone la responsabilità esclusiva dello Stato di primo approdo nella gestione dell’immigrazione irregolare o illegale), un principio fortemente penalizzante per l’Italia e per gli altri paesi mediterranei dell’Ue. Insomma, l’annosa questione dei ricollocamenti, dal punto di vista italiano già fallimentare dai tempi della Commissione Ue targata Juncker – anche all’epoca per la posizione oltranzista dei Paesi di Visegrad ma non solo – non ha certo fatto passi avanti. E sul fronte rimpatri non va certo meglio: la cooperazione internazionale non funziona, è evidente, visto che neanche uno su cinque di quanti non hanno titolo a restare nei Paesi europei viene poi rispedito nella terra d’origine.
I NUMERI. Solo nell’ultima settimana sulle coste calabresi – meta preferenziale dei nuovi traffici per il fatto che la rotta consentirebbe di aggirare i controlli della guardia costiera libica – sono arrivati 650 migranti e anche sulla rotta “più classica” della Sicilia si registrano nuovi arrivi: sono già 329 le persone ospitate nell’hotspot di Lampedusa di cui oltre 100 arrivate in una giornata sola, in totale nelle due regioni oltre 1.500 persone approdate in appena 48 ore.
Al porto di Roccella Jonica, in provincia di Reggio Calabria, si lavora per montare la tensostruttura che ospiterà 150 migranti, come ha previsto il prefetto della città che, per fronteggiare l’emergenza sbarchi ha anche deciso di inviare una nave quarantena per ospitare i migranti positivi. Il nostro Paese si trova così a fare i conti con un numero di nuovi ingressi raddoppiato rispetto allo scorso anno, con oltre 52 mila persone giunte nei primi dieci mesi del 2021 mentre nel 2020 le restrizioni imposte dal Covid fermarono il numero di arrivi a 26 mila e 600. Senza dimenticare, anche se ormai non se ne parla più, la tragica situazione dell’Afghanistan con migliaia di rifugiati da accogliere.