Imane Fadil, la modella marocchina di 33 anni, testimone chiave delle inchieste e dei processi sul caso Ruby, in cui è coinvolto anche l’ex premier Silvio Berlusconi, morta il primo marzo scorso, dopo un mese di agonia, in circostanze ora oggetto di un’inchiesta della Procura di Milano, nell’ultimo anno era “molto sospettosa”.
La modella, in particolare, temeva di essere “controllata” e ripeteva al suo legale e ai suoi familiari che aveva ancora “molte cose da dire” sul caso Ruby. Nei giorni del ricovero in ospedale sospettava di essere stata avvelenata. “Mai conosciuto questa persona”, ha detto Berlusconi aggiungendo di essere sempre dispiaciuto quando muore “qualcuno giovane”.
Intanto il Centro Antiveleni dell’Irccs Maugeri di Pavia, che si è occupato del caso di Imane Fadil, ha riferito di non aver identificato “radionuclidi”, cioè agenti radioattivi, e di non aver effettuato “misure di radioattività”. E che la consulenza tossicologia richiesta dalla clinica dove era ricoverata Fadil, ha aggiunto il direttore dello stesso Centro,Carlo Locatelli, riguardava “il dosaggio dei metalli”.
Dalle cartelle cliniche sequestrate dalla Procura di Milano, che indaga con l’ipotesi di omicidio volontario, risulta che gli esami tossicologici avrebbero rivelato la presenza nel sangue della 33enne di un mix di sostanze radioattive, circostanza però al momento non confermata dal Centro Antiveleni di Pavia. La Procura negli ultimi giorni ha sentito diversi testimoni. L’autopsia, già disposta dagli inquirenti, sarà compiuta entro questa settimana.