Nella partita dell’ Ilva, già piena di complicazioni finanziarie e ambientali, irrompe anche la variabile manager. Chi dovrà guidare la disastrata acciaieria una volta che sarà individuata la cordata vincitrice? Il fatto nuovo, o se vogliamo non sufficientemente messo a fuoco, è che sul nome di Paolo Scaroni si sta consumando come minimo una divergenza di vedute. E qui naturalmente il nome della cordata vincitrice sarà fondamentale. L’ex Ad dell’Eni è sicuramente più gradito a quello che dovrebbe essere il raggruppamento tra Arvedi, i turchi di Erdemir e Leonardo Del Vecchio. Tra quest’ultimo e Scaroni, tra l’altro, c’è un’affinità regionale veneta: Del Vecchio ha fondato la sua azienda ad Agordo, il secondo è nato a Vicenza.
LE VARIABILI – Inoltre Scaroni godrebbe dell’appoggio di Claudio Costamagna, presidente della Cassa Depositi e Prestiti che dovrà decidere con quale cordata schierarsi per un intervento di “minoranza” all’interno della nuova compagine dell’Ilva. Senza contare che, agli occhi del Governo, la filiera Arvedi-Del Vecchio-Erdemir avrebbe un maggior tasso di italianità della principale cordata concorrente, i franco-indiani di Arcelor Mittal accompagnati dal gruppo Marcegagalia. Insomma, questo gioco di equilibri potrebbe portare l’Esecutivo, che sul risanamento dell’Ilva ha già dovuto ingoiare bocconi amari, a prediligere il raggruppamento Arvedi-Del Vecchio-Erdemir, con la conseguente possibilità per Scaroni di sistemarsi sulla tolda di comando della traballante acciaieria (nel 2015 l’Ilva ha perso 918 milioni di euro). Il nome dell’ex Ad dell’Eni, invece, non sembra essere la prima scelta di Arcelor Mittal-Marcegaglia. Anzi, in un recente passato i franco-indiani hanno espresso la volontà di portare nell’acciaieria tutta una squadra di loro manager. Ma riusciranno a imporre questa linea di fronte a una Cassa Depositi di cui comunque invocano un intervento di minoranza? Si vedrà.
I DETTAGLI – Di sicuro uno degli elementi che potrebbero deporre contro l’ascesa di Scaroni all’Ilva si chiama Franco Bernabè. Per carità, in questo caso non c’è nessuna prospettiva di coinvolgimento nell’acciaieria, ma Bernabè è un altro ex Ad dell’Eni che all’interno del Cane a sei zampe ha coltivato una strategia (soprattutto di uomini) molto lontana da quella poi applicata da Scaroni. Tra i due non corre buon sangue. E Bernabè può vantare entrature nel giglio magico renziano, essendo socio in affari di Marco Carrai, fedelissimo del premier. Questo dettaglio potrebbe essere da ostacolo alle aspirazioni di Scaroni. Da ultimo perplessità sul suo nome sarebbero riconducibili anche a Carlo Calenda. Il nuovo ministro dello Sviluppo è molto vicino a Luca Cordero di Montezemolo, il quale nel recente passato avrebbe avuto qualche attrito con l’ex Ad dell’Eni. Ma i giochi sono ancora apertissimi.
Tw: @Ssansonetti