L’avvocato siciliano Piero Amara, arrestato oggi dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un’inchiesta sull’ex Ilva (leggi l’articolo), secondo quanto scrive il gip nell’ordinanza di arresto, “era fortemente interessato a giocare la partita di Taranto non solo sul tavolo degli incarichi legali ma anche su quello ancor più ricco degli appalti che Ilva in Amministrazione straordinaria conferiva per lo smaltimento dei rifiuti speciali e pericolosi prodotti dagli stabilimenti di Taranto”.
Amara aveva il controllo di una serie di società che operavano nel settore dello smaltimento dei rifiuti speciali e sarebbe stato favorito anche dai suoi rapporti molto stretti con l’ex procuratore di Trani e Taranto, Carlo Maria Capristo, anch’egli coinvolto nella stessa inchiesta. L’ex procuratore, si legge ancora nell’ordinanza, “in cambio delle ‘utilità’ ricevute dal duo Amara-Paradiso svendeva la sua funzione in modo stabile, continuativo e incisivo”. “Di particolare pregio poi – si legge ancora nell’ordinanza – onde comprendere il livello osmotico che avevano assunto i rapporti Amara-Paradiso-Caprisco, la circostanza che Amara avesse spostato a seguito della nomina di Caprisco a Taranto (2016-2017) la sede legale delle sue società operanti nel settore ambientale da Roma alla provincia di Taranto. Quasi a sottolineare plasticamente che si poneva sotto l’ombrello protettivo di Capristo”.
“Complessivamente – sottolinea anche il gip nell’ordinanza d’arresto di Amara – emergeva un estesissimo network di rapporti e relazioni che facevano capo ai tre imputati – anche di alto livello istituzionale e politico – finalizzato a strumentalizzare, in loro favore, le funzioni pubbliche”.
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Amara è al centro pure dell’inchiesta della Procura di Milano sul cosiddetto “falso complotto Eni”. Ai magistrati lombardi l’avvocato siciliano rilasciò dichiarazioni sulla presunta loggia Ungheria. L’indagine sull’ex Ilva nasce dal fascicolo, di cui la Procura di Potenza è competente per il coinvolgimento di magistrati, che portò all’arresto di Capristo il 19 maggio dello scorso anno. L’ex procuratore capo della Procura jonica finì ai domiciliari con l’accusa di presunte pressioni a due magistrati insieme a tre imprenditori e ad un poliziotto. Per questa vicenda è iniziato il processo al Tribunale di Potenza.
Le misure riguardano l’avvocato Amara, l’ex procuratore Capristo, l’avvocato di Trani Giacomo Ragno e il poliziotto Filippo Paradiso. Nei confronti di Capristo il Gip ha disposto l’obbligo di dimora. Amara è stato consulente legale di Ilva quando l’azienda era in amministrazione straordinaria e, in tale veste, avrebbe avuto rapporti con Capristo.
L’inchiesta sulla Loggia Ungheria
Intanto il Procuratore Generale di Milano Francesca Nanni sta valutando se nell’inchiesta, aperta 4 anni fa e non ancora chiusa, sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’, ovvero sul presunto depistaggio delle indagini sul blocco petrolifero nigeriano Opl245, sia ravvisabile o meno una “negligenza inescusabile” da parte dei pm o, se al contrario, non ci sia alcun elemento che possa prefigurare un’eventuale avocazione del fascicolo.
Sulla vicenda il pg, da quanto si è appreso, nei giorni scorsi ha ricevuto da Greco altre informazioni da inviare al Procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, il quale non ha ancora formulato al momento contestazioni disciplinari al pm Storari. E questo perché è necessario, da quanto si è saputo, attendere l’esito dell’indagine bresciana.